27 aprile 2024
Aggiornato 02:30
Presentato a Belluno Ecosistema Urbano 2009

Ecco la classifica della qualità ambientale delle città italiane

Tracollo Roma, migliora Milano. Napoli e Palermo restano in coda

L’improvviso tracollo di Roma, lo scatto di reni di Milano, la bella conferma di Belluno, il Sud costantemente in panne, il protrarsi dell’emergenza mobilità, smog, trasporto pubblico. L’esame dei 125 indicatori di Ecosistema Urbano di Legambiente restituisce queste cinque immagini nitide dell’Italia delle città, con le due metropoli più importanti che imboccano strade diverse, la riproposizione di un divario enorme tra settentrione e meridione e una sostanziale stasi della qualità ambientale urbana.

Ma più in generale i numeri mettono in risalto un’Italia delle città davvero strana, piena di contraddizioni. Con alcune esperienze avanzate in diverse aree del Paese (il teleriscaldamento, una raccolta differenziata spinta) che si perdono in una generale mediocrità delle politiche ambientali. Con una forte domanda di una mobilità più sicura e scorrevole e con una realtà fatta di ingorghi, smog, tempi di percorrenza esageratamente lunghi, un servizio di trasporto pubblico che vede ormai salire ogni italiano sull’autobus meno di una volta a settimana, una stasi delle strategie volte a favorire gli spostamenti a piedi, in bicicletta o coi mezzi collettivi. Con una serie di consumi che, in tempi di crisi economica, si dicono in calo e invece restano stabili o continuano a crescere. Il rinnovo del parco auto, ad esempio: c’è stato un ricambio dell’8%, vecchie vetture sostituite da modelli freschi di concessionaria. Oppure la bolletta energetica e petrolifera delle città, praticamente identica a quello dell’anno prima.  E anche con una gestione dei rifiuti che rimane immutata. Paradossalmente, anzi, la produzione di spazzatura aumenta da un anno all’altro di un chilo a persona. Solo un chilo si potrebbe dire. Ma è un chilo molto pesante, che evidenzia appunto forti contraddizioni, che mette in luce quanto l’emergenza Campania abbia poco influenzato le scelte generali delle amministrazioni locali e di quella nazionale e che non suggerisce un cambiamento di rotta delle imprese nell’abbattimento delle quantità di imballaggi e plastica nonostante la consapevolezza ormai diffusa – sicuramente diffusa tra i cittadini – della necessità di diminuire gli scarti e di recuperarli. La stessa Napoli continua a produrre sempre più spazzatura.

Eccola l’Italia dei centri urbani disegnata da Ecosistema Urbano 2009, l’annuale ricerca di Legambiente sulla qualità ambientale delle 103 città capoluogo di provincia realizzata con la collaborazione scientifica dell’Istituto di ricerche Ambiente Italia e la collaborazione editoriale de Il Sole 24 Ore. La quindicesima edizione di Ecosistema Urbano è stata presentata oggi a Belluno, proprio la città che per il secondo anno consecutivo si impone nella classifica della sostenibilità ambientale guidando un pacchetto di testa che tra le prime cinque vede anche Siena, Trento, Verbania e Parma. Pur senza primeggiare in quasi nessuno dei parametri selezionati Belluno ha comunque buone performance in tutti i settori, senz’altro superiori alla media. E questo in un panorama di generale grigiume basta e avanza per essere, relativamente, il centro urbano migliore. Ha una discreta qualità dell’aria (la media annuale delle polveri sottili scende da 26 a 23 microgrammi per metro cubo, ampiamente entro i limiti di legge). Ha un’ottima raccolta differenziata (il 57,4%), una bassissima produzione di rifiuti, bassi consumi di acqua (136 litri pro-capite) ma perdite eccessive dalla rete idrica (il 36%), un trasporto pubblico sufficiente (76 viaggi a testa ogni anno), una buona dotazione di spazio per le bici (4,6 metri per abitante) e una crescita costante degli spazi interdetti alle auto. Tra i meriti di Belluno c’è sicuramente anche quello di migliorare da un anno all’altro le sue ecoprestazioni. L’altra faccia dell’Italia delle città si chiama Frosinone, ultima nella graduatoria di Ecosistema Urbano 2009, che occupa la coda insieme a Ragusa, Catania e Benevento. Nel capoluogo laziale parecchio smog, un trasporto pubblico quasi inesistente, un altissimo tasso di motorizzazione (73 auto ogni 100 abitanti).

«Le colpe della staticità delle città sono varie e non sempre ricadono sui sindaci – ha sottolineato Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente – Non è per esempio colpa degli amministratori locali se da molti anni lo Stato investe poco nelle infrastrutture per il trasporto pubblico urbano, però capita spesso che questo dato oggettivo venga usato come un alibi dai primi cittadini che molte cose utili potrebbero farle e a costo zero, dalla sperimentazione di forme di road pricing sul modello di Londra o Milano, alla moltiplicazione delle corsie preferenziali. Ecco, se dovessimo indicare oggi l’identikit del buon amministratore potremmo sintetizzarlo in questo modo: un sindaco che agisce per risolvere i problemi e così facendo riscuote consenso. Troppi sindaci sembrano pensare che l’obiettivo di rendere le città più moderne ed efficienti passi più da qualche grande infrastruttura isolata piuttosto che da una forte scommessa sulla qualità ambientale come fattore di benessere civico e anche di sviluppo economico».

Ecosistema Urbano 2009 segnala inoltre la presenza di Cagliari al 35° posto nella classifica generale (prima delle città del sud e isole) e al 5° posto tra le grandi città, in salita di 17 posizioni rispetto all’edizione 2008. Al Sud migliora anche Caserta che si piazza al 37°posto, era al 41° lo scorso anno.

Ci sono poi gli enormi passi indietro di Roma (dal 55° scivola al 70° posto) e quelli in avanti di Milano (guadagna circa 10 posizioni ed è 49°). Le due aree metropolitane italiane erano fino allo scorso anno appaiate. Ora la netta separazione. E’ vero che Roma ha un inquinamento atmosferico leggermente più basso rispetto a quello del capoluogo lombardo, ma per il resto la Capitale mette in fila una serie di risultati negativi: Milano ad esempio batte Roma in raccolta differenziata (31% a 17%), per le isole pedonali, le piste ciclabili.

Tra la prima e l’ultima classificata di Ecosistema Urbano c’è un baratro. I migliori progrediscono, i peggiori sembrano quasi arretrare: le distanze non si attenuano, si esasperano. E gli ultimi non sono necessariamente i più poveri (in parte, sì, sono le città a più basso reddito), ma quelli che peggio curano le loro risorse ambientali. Le ultime 14 città di questo anno (non molto diverse da quelle del 2007 o anche del 2003) sono tutte città di cinque regioni: Sicilia (7), Calabria (3), Lazio (2), Campania (1). E, a sorpresa, Matera: ma in questo caso si tratta di una posizione che dipende da carenza di dati.  Attenzione però: il divario segue in gran parte i confini tra Nord e Sud, ma senza automatismi. Un po’ di città meridionali (e praticamente tutta la Sardegna) hanno prestazioni complessive migliori delle medie nazionali dei singoli indicatori e di città del centro-nord.

«Sgombriamo il campo dall’idea che queste città siano «in ritardo» perché (o solo perché) a più basso reddito – commenta Alberto Fiorillo, responsabile aree urbane di Legambiente –  Frosinone, ultima in classifica, ha lo stesso prodotto interno lordo procapite di Verbania che è invece tra le prime cinque, Catania (la terzultima) ha un pil procapite superiore a Campobasso (che è 63 posizioni sopra nella classifica), Catanzaro ha un reddito procapite superiore a Cagliari ma più di 15 punti in meno nella classifica di qualità ambientale. Inoltre, nonostante fattori di pressione leggermente più bassi, in queste città i problemi ambientali non sono meno urgenti. Anche senza scomodare l’abusivismo o lo smaltimento illegale dei rifiuti, in questi centri urbani la qualità dell’aria e quella delle acque potabili sono peggiori della media nazionale. Ma dove la distanza diventa eclatante è su tutti quegli indicatori che chiamano in causa la qualità delle politiche e del governo. L’infrastrutturazione ambientale è decisamente meno sviluppata della media nazionale: sono depurate il 70% delle acque contro una media dell’85%, la capacità di trasporto pubblico è meno della metà della media nazionale, la disponibilità di verde urbano è addirittura inferiore del 60%. Le politiche ambientali attive sono deboli se non inesistenti: la raccolta differenziata è a un terzo della media nazionale (ancora sotto agli obiettivi di legge), zone a traffico limitato e piste ciclabili sono quasi inesistenti (il 15% della già modesta media nazionale), le azioni ambientali positive (acquisti verdi, politiche di risparmio energetico etc.) hanno una diffusione largamente inferiore anche alla media nazionale. Dietro le città che migliorano o che peggiorano nella loro qualità ambientale ci sono poche condizioni «oggettive». C’è la qualità del governo. C’è la qualità delle politiche del governo locale e anche (e non ultima) la qualità della cultura civica locale. Questo e niente altro spiega perché qualcuno migliora, molti vivacchiano, altri addirittura peggiorano».

Tornando a ragionare di vetta, invece, si riparte dal secondo gradino del podio: Siena. Migliora nell’inquinamento atmosferico, migliora la percentuale di acque reflue depurate che arriva al 95%, aumenta ancora i metri quadrati per abitante di superficie dedicati alle bici (che passano dai 3,51 della scorsa edizione ai 4,51) e quelli limitati al traffico veicolare che salgono a 30,94 metri quadrati pro capite (erano 30,79 in Ecosistema Urbano 2008) e in questo caso valgono al capoluogo toscano il primo posto nella classifica di settore. Terza si piazza Trento che progredisce peraltro ancora nella raccolta differenziata dei rifiuti (passa dal 47% della scorsa edizione al 50,3%), al quarto posto c’è Verbania anche grazie a significativi passi avanti, ad esempio, nell’intero settore della mobilità urbana, al quinto c’è Parma che abbatte notevolmente le concentrazioni di smog: le medie dell’NO2 si abbassano da 52 microgrammi/mc della scorsa edizione ai 46 di quest’anno, così come quelle del PM10 che calano da 40 microgrammi/mc a 36,5. Anche l’Ozono scende dai 58 giorni di superamento delle soglie dello scorso anno agli attuali 48.