«I monopoli non favoriscono l'innovazione»: quanto vale il mercato
La scelta di Fedez di affidare i propri diritti alla startup Soundreef ha smosso il panorama musicale. Ma quanto vale il mercato dei monopoli

TORINO - Prima Fedez, poi Raffaella Carrà, poi ancora Ligabue. La scelta del rapper più famoso d’Italia di abbandonare la Siae a favore dell’innovazione e affidare i suoi diritti d’autore alla startup Soundreef, ha smosso il panorama musicale. Un panorama che, forse, sa ancora poco di ciò che fa davvero il monopolio della Siae, ma è incline ad accettare la concorrenza e il cambiamento, come ha detto il rocker Ligabue, a margine della conferenza stampa del suo prossimo concerto, «Liga rock park 2016». E la canzone «collettiva», quella ai tempi di Internet, è stato anche il principale filone di TEDxUniTo, la conferenza che si è svolta sabato al Campus Einaudi di Torino. Sul palco, insieme a tanti speaker, anche Davide D’Atri, ceo di Soundreef.
Quanto vale il mercato dei monopoli
Da una parte chi lotta per emergere e per offrire un servizio migliore. Dall’altra le società che godono del monopolio. La lunga trincea tra la conservazione e l’innovazione. Una similitudine che, per quanto sia opportuno fare le giuste differenze, ricorda tanto la lotta tra Uber e tassisti. Ma quanto vale davvero il mercato dei monopoli? «Il flusso di denaro gestito dai monopolisti vale 5 miliardi di euro in Europa - racconta Davide D’atri, ceo di Soundreef, sul palco di TEDxUniTo -. Pensate che solo la musica di sottofondo, quella che ascoltate nei supermercati mentre fate la spesa, genera un flusso di denaro pari a 1 miliardo di euro. Questi sono tutti soldi gestiti da monopolisti». Di fatto, autori ed editori non sono obbligati ad iscriversi al monopolio della Siae: si tratta, infatti, di una scelta facoltativa. «Tuttavia se io autore/editore voglio essere pagato per la mia performance - continua Davide - devo per forza essere iscritto e pagare la tassa d’iscrizione. Ma c’è di più perché la maggior parte degli iscritti non recupera neppure la tassa d’iscrizione con la ripartizione. Eppure, la Siae, in Italia, è l’unico modo per gestire i propri diritti d’autore».
Solo una questione tecnologica
«In un’era come questa, dove la tecnologia è in grado di fare tutto - continua Davide - la ripartizione effettuata dalla Siae, non ha senso di esistere. Oggi è possibile fare una ripartizione dei diritti in modo analitico e trasparente: ogni autore può sapere dove è stato suonato il suo brano e vedere effettivamente dove sono generati i suoi compensi. E’ matematico. E’ semplice. E’ solo una questione tecnologica». Il punto è che in Italia, questo, non è possibile. Mentre l’Inghilterra ha riconosciuto a tutto tondo la startup Soundreef per la gestione dei diritti d’autore e mentre in Europa ogni autore/editore ha la facoltà di iscriversi liberamente a qualsiasi agenzia, in Italia la legge di recepimento della direttiva europea si è arenata alla Camera. Avrebbe dovuto essere approvata entro il 10 aprile. Malgrado le campagne del web, delle oltre 300 startup innovative che hanno scritto direttamente al premier Renzi, il ministro Franceschini, ha fatto marcia indietro: «In Europa si guarda con invidia alla situazione italiana». E allora niente cambiamenti. «Il fatto è che la Siae è un monopolio costituito da soci dove a farla da padrone è chi è più ricco - dice Davide -. Cosa significa? Che da statuto, più sei ricco più vale il tuo voto. Ciò significa che anche la ripartizione delle royalty sottostà a questo genere di meccanismi». In un Paese dove esistono monopoli, l’innovazione è messa al bando. Ora la palla passa agli autori, quelli che possono avere un peso. Come Fedez, che ha affidato tutto alla startup Soundreef. Chi l’ha dura, la vince?