28 agosto 2025
Aggiornato 00:30
vinci la guerra nella tua città

Father.io: il videogioco made in Italy che rivoluzionerà il mondo del gaming

Father.io è il videogioco made in Italy che cambierà il mondo del gaming. Le guerre si giocheranno non più in una realtà virtuale, ma all'interno delle strade, dei parchi, dei negozi della nostra città. Abbiamo sentiro il CEO Francesco Ferrazzino. Ecco cosa ci ha raccontato a proposito di Father.io

TRENTO - Vi siete mai chiesti come sarebbe giocare una guerra nella vita reale? Trovarvi seduti su una panchina oppure tra le strade del vostro quartiere e combattere il nemico seduto proprio davanti a voi? Il divario tra realtà e finzione sparirà con Father.io, il videogame per smartphone quasi tutto italiano che si appresta a rivoluzionare il mondo dei videogiochi, ma soprattutto quello della realtà virtuale. «In un mondo dove gli smartphone stanno allontanando sempre più le persone nascondendole dietro profili più o meno fasulli, Father.io rappresenta non solo un gioco, ma un modo per unire, per avvicinare laddove l’esperienza virtuale vissuta fino a oggi non fa altro che separare l’individuo dal contesto reale che lo circonda». Le parole sono di Francesco Ferrazzino, 39enne toscano, CEO di Proxy42, startup italoamericana (base a San Francisco, team, ricerca e sviluppo a Trento).

Come funziona Father.io
L’idea è quella di trasformare ogni angolo della città in uno scenario da videogame. Innanzitutto è ambientato in una Terra del futuro (siamo nel 2040) la cui popolazione è suddivisa tra Umani ed Evoluti dove questi ultimi non sono altro che umani che hanno deciso di unire la propria coscienza con Ethereus, un’intelligenza artificiale. Ma ecco che arriva FatherIo, un virus di origini sconosciute che, infettando l’algoritmo dell’intelligenza artificiale, comanda agli Evoluti di uccidere gli Umanoidi. Sarà l’utente a decidere da che parte del mondo stare: se essere Umanoide o Evoluto. Ma come si gioca? «Il gioco ha due modalità - ci spiega Francesco -. La prima consente di usare solo l’applicazione per il controllo del territorio e dei luoghi occupati dalla propria fazione durante il combattimento. La seconda modalità è attiva e permette di partecipare direttamente alla guerra virtuale: in questo caso è necessario dotarsi di un 363 Trigger/Inceptor, un laser da collegare allo smartphone delle dimensioni di un portachiavi e che permette quindi di partecipare attivamente al combattimento per la sopravvivenza della specie». Lo strumento, di fatto, consente la trasformazione della fotocamera dello smartphone, e del device in sé, un apparecchio ricettivo a sensori infrarossi che permetterà all’app di interagire correttamente con gli altri giocatori.

Tra realtà virtuale e realtà aumentata
«Il problema di oggi è che gli smartphone e in generale il mondo di internet tendono a dividere le persone - continua Francesco -. Abbiamo semplicemente pensato che fosse arrivato il tempo di far sì che la tecnologia tentasse anche di unire. La realtà aumentata trasforma i negozi delle nostre strade in store di munizioni o le banche in depositi per rifornirsi. E la magia è che sono i nostri edifici, quelli che conosciamo da quando siamo piccoli e che entrano a far parte del gioco». La «magia» è resa possibile  dall’utilizzo di OpenStreetMap, le mappe a licenza libera creata nel 2004 con la possibilità di accedere ai dati geospaziali sui territori in modo veloce e gratuito. Father.io è su Indiegogo (piattaforma di crowdfunding) da alcuni giorni ed ha ottenuto un finanziamento pari a oltre 132mila dollari (al momento in cui scriviamo) sui 50mila richiesti. Il gioco è gratuito, basta scaricare l’app disponibile sia per Android che per iOS, fatti salvi i dollari per il pagamento dell’Inceptor (18-50 dollari). Di fatto, Father.io cambierà per sempre il mondo del gaming: «I videogiochi ci possono aiutare a concepire e capire meglio la realtà - conclude Francesco -. Lo dimostrano le mamme che giocano a FarmVille o i pensionati che passano il tempo a smanettare con un videogioco per capire come funziona. In fin dei conti siamo un po’ tutti degli eterni Peter Pan».