26 aprile 2024
Aggiornato 00:30
Sistema immunitario e gravidanza

Uno studio dimostra che le madri adattano il sistema immunitario dei figli all'ambiente che li circonda

È quanto dimostra una nuova ricerca condotta dall'Università di Nottingham (Regno Unito)

Quando si sentono minacciate dalla malattia, le topoline gravide tendono a partorire figli meno aggressivi ma dotati di un sistema immunitario più efficiente di quello dei topi le cui madri non hanno subito la minaccia di un'infezione durante la gravidanza. È quanto dimostra una nuova ricerca condotta dall'Università di Nottingham (Regno Unito).

I risultati, pubblicati negli Atti della Royal Society B, offrono la prima prova del fatto che il contesto ambientale ha un effetto transgenerazionale sulla risposta immunitaria; la percezione delle madri del rischio di malattia determina infatti la capacità della loro prole di combattere l'infezione. Lo studio getta nuova luce sui fattori che incidono sulla suscettibilità individuale alla malattia, ed ha anche implicazioni per la progettazione di esperimenti che coinvolgono animali.

Molti animali, tra cui i topi e l'uomo, sono in grado di sentire la presenza di malattie negli altri individui. L'odore è un segnale particolarmente forte di infezione, e i medici hanno a lungo usato l'olfatto per diagnosticare le malattie delle persone. Il tifo, per esempio, è caratterizzato da un odore di pane cotto, mentre i malati di febbre gialla spesso emanano un particolare odore di carne. I ricercatori, inoltre, avevano in precedenza scoperto che il contagio diretto di animali gravidi ha un impatto sul sistema immunitario della prole.

Nel presente studio, i ricercatori speravano di scoprire se la semplice presenza di individui ammalati nell'ambiente di una femmina di topo gravida avrebbe avuto conseguenze immunologiche sulla sua prole.

I ricercatori hanno messo femmine di topo gravide accanto a maschi contagiati con Babesia microti, un blando parassita del sangue. Le femmine gravide potevano vedere, sentire e annusare i loro vicini malati, ma non potevano toccarli. Le femmine gravide non potevano essere infettate dal parassita, perché la sua trasmissione avviene solo attraverso le zecche (assenti nel laboratorio) e attraverso lo scambio diretto di sangue (impossibile in quanto gli animali non potevano toccarsi). Un altro gruppo di femmine gravide erano alloggiate accanto a maschi sani.

Gli scienziati hanno scoperto che le femmine alloggiate accanto ai maschi infetti presentavano nel sangue livelli più elevati di corticosterone, l'ormone dello stress, ben noto per le sue ripercussioni sullo sviluppo fetale.

La prole di queste madri era significativamente meno aggressiva della prole del gruppo di controllo. Tuttavia, se infettata con B. microti, combatteva il parassita con una efficacia molto maggiore della prole del gruppo di controllo.

Questi risultati confermano la ricerca precedente, che identificava una correlazione tra aggressività e risposta immunitaria nei topi maschi. Nei topi adulti l'aggressività è legata al predominio sociale, l'acquisizione di territori e le maggiori opportunità d'accoppiamento. Il comportamento aggressivo, tuttavia, sembra essere compensato da una ridotta resistenza alla malattia. In un ambiente in cui il rischio di malattia è alto, i topi capaci di contrastare rapidamente il contagio saranno avvantaggiati rispetto a quelli il cui sistema immunitario è più debole.

«Sembra che le madri del nostro studio preparino la prole per l'ambiente in cui dovrà vivere», spiega la dott.ssa Olivia Curno dell'università di Nottingham, che ha diretto la ricerca. «Quando il rischio di malattia è alto, una maggiore immunità può controbilanciare qualsiasi costo associato con il minor predominio sociale».

I ricercatori avvertono anche che le loro scoperte hanno implicazioni sulla preparazione di esperimenti che coinvolgono animali. In molti edifici in cui gli animali sono alloggiati, i differenti gruppi possono vedersi, sentirsi e odorarsi. «Abbiamo mostrato che negli appartenenti ad una stessa specie che si trovano vicini si verifica una percezione quantificabile della malattia, che induce una risposta allo stress negli animali percettori», scrivono gli scienziati. «I nostri risultati pertanto evidenziano la possibilità di effetti concreti ed inattesi della progettazione sperimentale sulla salute e il benessere animale».

Gli scienziati si interrogano anche sulla validità di considerare gli animali «di controllo» come «non trattati», perché queste recentissime scoperte suggeriscono che potrebbero rispondere nella fisiologia e nel comportamento agli stimoli dei loro vicini trattati.

«È poco probabile che i topi siano la sola specie dotata di questa affascinante capacità», ha commentato la dott.ssa Curno. «Quindi il nostro lavoro potrebbe avere importanti implicazioni per la comprensione dei processi epidemiologici e della suscettibilità individuale alla malattia in generale. La futura ricerca dovrebbe studiare con esattezza in che modo le femmine individuano la malattia dei vicini e utilizzano con tanta intelligenza questa informazione».