14 ottobre 2025
Aggiornato 08:00

Guantanamo, ex detenuti britannici vogliono pubbliche udienze su torture

Il Governo chiede invece che si tengano a porte chiuse per salvaguardare i rapporti della Gran Bretagna con altri Paesi

LONDRA - Sette degli undici ex detenuti britannici del carcere militare statunitense di Guantanamo, i quali avevano denunciato la presunta complicità dei servizi segreti de Regno Unito nelle pratiche di tortura, hanno chiesto all'Alta Corte britannica che il relativo procedimento venga dibattuto pubblicamente.

Il governo britannico ha invece richiesto che le udienze si svolgano a porte chiuse: i legali dello Stato affermano infatti che in caso contrario potrebbero risentirne i rapporti della Gran Bretagna con altri Paesi, e che in ogni caso le prove fornite dall'esecutivo non dovrebbero essere rivelate ai legali della difesa.

Gli Stati Uniti potrebbero infatti restringere la condivisione delle informazioni di intelligence se l'Alta Corte britannica dovesse rendere pubbliche alcune parti di una sentenza riguardante Binyam Mohamed, presunto terrorista che aveva denunciato di essere stato torturato nel carcere militare di Guantanamo.

Nel 2008 infatti l'Alta Corte aveva accettato le accuse di Mohamed sottolineando come gli Stati Uniti avessero rifiutato di fornire informazioni importanti ai legali dell'uomo, un cittadino britannico di origine etiope. I giudici avevano però secretato parte della sentenza su richiesta del governo britannico, notando tuttavia che la riservatezza equivaleva di fatto a nascondere «prove di gravi irregolarità da parte degli Stati Uniti».

Il tribunale, dopo le denunce presentate da numerose testate, sta ora valutando la possibilità di rendere pubblica l'intera sentenza; il Segretario di Stato americano Hillary Clinton ha tuttavia avvertito l'omologo David Miliband che in questo caso la cooperazione in materia di intelligence potrebbe soffrirne.

I servizi segreti britannici avrebbero scoperto almeno 15 possibili casi in cui i funzionari si sarebbero resi complici di violenze e maltrattamenti su presunti terroristi. Nel luglio scorso erano stati alcuni parlamentari britannici a chiedere l'apertura di un'inchiesta sul ruolo dei servizi nelle presunte torture inflitte in Pakistan a cittadini britannici: funzionari dell'Mi5 avrebbero consegnato dei presunti terroristi alla sicurezza pachistana perché venissero interrogati con metodi violenti e torture, pratiche smentita dai servizi di sicurezza attraverso un comunicato trasmesso dal Ministero degli Interni: «Non abbiamo mai partecipato, sollecitato, condonato o incoraggiato l'uso della tortura».

I sospetti erano stati fermati in Pakistan su richiesta della autorità britanniche, ma erano stati lasciati nelle mani dell'Isi (i servizi pachistani) prima di essere poi interrogati da funzionari dell'Mi5; privi di qualsiasi assistenza legale o consolare, erano stati rimpatriati senza alcuna formale estradizione ed arrestati al loro arrivo nel Regno Unito.