11 maggio 2024
Aggiornato 02:00
Esteri. Arabia Saudita

Non paga badante per 7 anni, stampa araba: schiavista

A Corte Usa che lo multa, saudita: «così si fa a mio paese»

AMMAN - Prendendo spunto da un'esemplare condanna inflitta negli Stati Uniti a un cittadino saudita, che per ben sette anni non ha pagato la sua domestica asiatica, con la scusa che al suo paese «si usa così», il quotidiano panarabo al Hayat, esce oggi con un duro editoriale che è un severo atto di accusa contro il fenomeno di schiavismo che sarebbe praticato nelle società arabe e musulmane.

«I collaboratori familiari, in futuro, costituiranno un rompicapo per noi arabi», esordisce l'articolo. E racconta: «un tribunale statunitense ha condannato un cittadino saudita, che ha confessato la sua colpevolezza, al pagamento di una multa di ben 143 mila dollari per la sua colf indonesiana: la somma è pari al salario della colf non versato per ben sette anni, nonostante il nostro concittadino l'abbia obbligata a sgobbare per ben 14 ore al giorno impedendole di usufruire del riposo settimanale» e delle ferie annuali, aggiungerebbe un occidentale, visto che nel Regno wahabita non sono comunque contemplate per nessun lavoratore.

Quindi l'affondo: «sembra che questo cittadino-negriero abbia adottato il parere del Shura saudita (Consiglio consultivo, parlamento -ndr) su come trattare le collaboratrici domestiche. Con un decreto il Consiglio infatti aveva cancellato dal contratto di lavoro per le colf la parte che stabiliva un periodo di riposo obbligatorio giornaliero: sette ore al giorno dalle 10 di sera fino al cinque del mattino. La giustificazione era che quel paragrafo era incompatibile con le tradizioni e il costume delle famiglie saudite, e si optava quindi per la scelta dello schiavismo 'tout court'. La condotta del cittadino saudita, condannato da un tribunale negli Usa, è divenuto ormai generalizzata nelle famiglie saudite oltre ad essere divenuta un comportamento diffuso nel mondo arabo, dai paesi del Golfo fino all'Egitto e al Libano», conclude l'editoriale.