19 aprile 2024
Aggiornato 06:00
L'indagine

Immersi nello smartphone, genitori e figli separati da «un attimo»

E' la risposta che dà il 38% degli adulti, mentre usa un cellulare, ai figli che chiedono attenzione. I consigli dell'esperto

MILANO - «Un attimo!», è la risposta che gli adulti intenti a smanettare con lo smartphone danno ai figli che chiedono le loro attenzioni. E è spesso un un attimo che non passa mai. L'associazione nazionale DiTe, che dal 2002 si occupa di dipendenze tecnologiche, gioco d'azzardo patologico e cyberbullismo, ha condotto un'indagine su 2.000 giovani tra i 14 e i 20 anni e adulti tra i 28 e i 55, per scoprire quali sono le risposte e gli atteggiamenti dati da chi si immerge nell'uso di un telefono cellulare isolandosi dal conteso. «Un attimo» è la risposta che viene data dal 38% dei grandi. Il 22% risponde con «Cosa?», il 15% non alza la testo dalla schermo ma rassicura con «Ti sto ascoltando», il 12% promette «Ora arrivo», l'11% sbuffa borbottando un faticoso «Dai, ho appena preso il cel in mano» e il 2% esclama «Dimmi!».

INGERENZA DIGITALE - Parole che rivelano quanto e distrazioni digitali allontanino dalla relazione emotiva con i figli e dall'ascolto dei loro bisogni. «Si tratta di incoerenza digitale - afferma Giuseppe Lavenia, psicologo, psicoterapeuta e presidente dell'associazione DiTe - Se i ragazzi riescono a fare più cose contemporaneamente, magari in modo approssimativo ma le fanno, i grandi quando sono concentrati sui loro schermi, difficilmente prestano attenzione ad altro. D'altronde, è comprensibile. I ragazzi sono nativi digitali, mentre gli adulti sono emigrati digitali e in alcuni casi tardivi digitali, perché non riescono a integrarsi con le nuove tecnologie».
Ma, sottolinea Lavenia, questo atteggiamento dei genitori «fa sentire i figli non considerati. Possono percepirlo come una disconferma, ossia un 'allora io per te non esisto, non valgo la tua attenzione' e ritirarsi lentamente in loro stessi». Questo, va anche a scapito della fiducia in sé e dell'autostima dei figli.

FIGLI-GENITORI - Quando poi sono i genitori a chiedere l'attenzione dei figli colti davanti allo schermo dello smartphone, piovono giudizi. I ragazzi affermano che il 45% degli adulti utilizza l'incipit «Sempre con quel cellulare in mano», mentre il 20% impone «Spegni subito», il 12% ricorda «Quante volte ti ho detto che non devi usare il cel a tavola», il 13% interroga per sapere «Con chi parli sempre?», l'11% «Cosa stai facendo al cel?» e il 9% minaccia «Se continui così ti prendo il cellulare!».

SERVONO REGOLE CONDIVISE - «Dovremmo cercare di comprendere cosa stanno facendo i ragazzi con i loro smartphone e in rete - prosegue Lavenia - Non è minacciando o imponendo soluzioni che si risolve il problema. Servono regole condivise, curiosità per attivare quella dei ragazzi a dare spiegazioni, momenti di detox da stabilire insieme. La distanza digitale sta creando una distanza relazione e prima che la situazione sfugga di mano è bene ritrovare un contatto».
E i ragazzi piegati sullo smartphone con tanto di cuffiette alle orecchie, cosa rispondono ai genitori che chiedono la loro attenzione? Il 55% degli adolescenti replica con «L'ho appena acceso», il 16% si giustifica dicendo «Mi stavo annoiando», l'11% giura che «Sto solo ascoltando musica», l'8% promette «Un attimo e spengo», il 6% confessa che «Ero nervoso/a» e il 4%, probabilmente assordato dalla musica chiede di ripetere con «Cosa?». «L'identità dei ragazzi passa anche dallo smartphone, ne dobbiamo prendere atto - conclude Lavenia - Dobbiamo cercare di comprendere cosa fanno con questo strumento, e non giudicarli a priori. Dobbiamo aiutarli a trovare l'equilibrio tra shermo e realtà. Dobbiamo fare in modo che le loro emozioni non siano più dissociate dal corpo, come spesso purtroppo accade».