19 aprile 2024
Aggiornato 01:00
PORDENONE

Rampini inaugura R-Evolution 2019, lezioni di storia a teatro

Si parlerà di deriva dei continenti e dei rapporti America-Europa nell'era dei sovranismi

PORDENONE – Sarà Federico Rampini, giornalista e saggista, firma fra le più note e apprezzate del commento geopolitico in Italia, a inaugurare la prima edizione di R-evolution 2019, il ciclo di Lezioni e dialoghi di Storia contemporanea ideato e promosso dal Teatro Comunale Giuseppe Verdi di Pordenone in partnership con Crédit Agricole FriulAdria: un progetto curato dall’Associazione Europa Cultura in collaborazione con il Premio Giornalistico internazionale Marco Luchetta – Link festival e con l’Ordine dei Giornalisti del Friuli Venezia Giulia. Nell’anno delle euro-elezioni più discusse e probabilmente più significative della storia dell’Unione Europea, nell’anno della travagliata Brexit inglese, R-evolution 2019 propone uno sguardo sull’Europa in rapporto alle aree sensibili del pianeta. Si parte mercoledì 30 gennaio, alle 19 nella Sala grande del Teatro Verdi di Pordenone, con la lezione magistrale di Federico Rampini,corrispondente da New York del quotidiano La Repubblica, dedicata a 'La deriva dei continenti: i rapporti America-Europa nell'era dei sovranismi'. L’ingresso è libero, info: tel 0434 247624 www.comunalegiuseppeverdi.it È previsto l’accreditamento ECM per gli iscritti all’Ordine dei Giornalisti, attraverso il portale dell’Ordine. R-evolution 2019 proseguirà con nomi di riferimento per lo sguardo geopolitico: come i giornalisti Stefano Tura, Barbara Gruden, Bruno Ruffolo, Lucio Caracciolo, Claudio Pagliara e Giuseppe Chiellino.

«Dai sempre più difficili rapporti fra gli Stati Uniti di Trump e l'Europa alle incognite della Brexit, dal fenomeno epocale delle migrazioni alle opportunità per l'Italia offerte dalla nuova Via della Seta cinese. Sono tutti temi di grande attualità – osserva Cristiano Degano, presidente dell’Ordine dei Giornalisti Friuli Venezia Giulia – e di particolare interesse per i colleghi ai quali è affidato il compito di raccontare e interpretare questi avvenimenti che stanno segnando il nostro tempo. Per questo abbiamo accolto con grande interesse l R-evolution, tanto più in considerazione del notevole livello dei relatori, assicurando il patrocinio dell'Ordine dei giornalisti e inserendo i quattro appuntamenti nel nostro programma di formazione permanente». «Con questo ciclo di incontri rinnoviamo la sinergia fra il progetto R-evolution e Link-Premio Luchetta, già sperimentato lo scorso anno – spiega Giovanni Marzini, segretario di Giuria del Premio Luchetta - I temi trattati sono in linea con le finalità del nostro festival tristino che, attraverso voci e testimonianze delle più autorevoli firme del giornalismo, punta a tener vivo il dibattito su temi così attuali per la nostra società. Ci piace immaginare la serie di appuntamenti pordenonesi come la miglior anteprima possibile per la quattro giorni di Link di fine aprile a Trieste, che in parte riprenderà con altri protagonisti tematiche di così grande spessore».

La lezione di Federico Rampini sarà dunque focalizzata sulla presidenza di Donald Trump: negli ultimi mesi tocca probabilmente i minimi termini il rapporto fra gli Stati Uniti e l’Unione Europea, che i vertici Usa accusano di essere paralizzata dalla burocrazia. La scelta, sempre più spesso, è di trattare singolarmente o bilateralmente con i Paesi membri: «l’istinto politico di Trump - spiega Federico Rampini - gli dice da molto tempo che ogni progetto sovranazionale, UE in testa, è un ostacolo sul suo cammino». A R-evolution una lezione per indagare la dialettica fra Washington e Bruxelles nell’era dei sovranismi, cercando di cogliere le prospettive di una interlocuzione sempre più fragile e nebulosa. Fra i temi in campo anche il ‘negazionismo’ di Trump sulla questione ambientale e il cambiamento climatico: spiega Rampini che «senza i minatori e i siderurgici delle Coal Country (regioni carbonifere) in Pennsylvania e Ohio, Trump non sarebbe alla Casa Bianca. Il suo messaggio in favore delle energie fossili catturò voti decisivi nel novembre 2016. A quei 'dinosauri' umani, relitti di un’altra era industriale, Hillary Clinton non seppe proporre altro che un futuro da disoccupati. I gilet gialli francesi non sono minatori né siderurgici, per lo meno non la maggioranza. Però quella protesta è nata contro le tasse ecologiche sui carburanti. Il loro slogan contro Macron 'tu parli della fine del mondo, noi dobbiamo arrivare alla fine del mese' rivela l’ansia di un elettorato impoverito. Che spesso finisce col votare a destra, in America e in Europa. Cercare spiegazioni di questo spostamento elettorale invocando il grande vecchio di turno – il più gettonato al momento è Steve Bannon – evita di fare i conti con le responsabilità vere, coi problemi a cui non si è trovata una risposta».