12 ottobre 2025
Aggiornato 09:30
Quasi 14mila ettari coltivati

Il Bio in Fvg: in tre anni + 210% e oltre 900 aziende certificate

Il biologico in regione, un settore che si è trasformato, negli ultimi anni, da tendenza a vero e proprio stile di vita, influenzando i consumi anche in Friuli Venezia Giulia. E che sta rappresentando un’opportunità di rilancio per molte aziende agricole locali

FVG - Sono più di 900 per un totale di 750 produttori le aziende biologiche del Friuli Venezia Giulia. E di queste 420 sono state accreditate dal sistema di certificazione nazionale negli ultimi tre anni. Il comparto della zootecnia è solo l’ultimo che si è avvicinato a questo mondo, anche per quanto riguarda le vacche da latte e la lavorazione del formaggio. Ma a essere in crescita maggiormente è il mercato del vino e quello cerealicolo, destinato principalmente ai mangimi.

Un’opportunità di rilancio
Sono i numeri del biologico in regione, un settore che si è trasformato, negli ultimi anni, da tendenza a vero e proprio stile di vita, influenzando i consumi anche in Friuli Venezia Giulia. E che sta rappresentando un’opportunità di rilancio per molte aziende agricole locali. Mentre nell’agricoltura tradizionale, infatti, numerose imprese familiari rischiano di chiudere, dovendo cedere il passo a realtà più strutturate, il settore del biologico sta andando in controtendenza, dimostrando che, anche aziende di dimensioni più piccole con l’agricoltura biodinamica possano stare sul mercato.«Il biologico sta rivestendo un ruolo sempre più importante qui da noi – spiega Mauro Braidot, vicepresidente di Aiab-Aprobio, l’associazione che riunisce i produttori di biologico del Friuli Venezia Giulia -. Il consumatore è sempre più attento e ha capito la differenza tra una coltivazione convenzionale e le nostre, che non è solo un fattore di natura alimentare, ma anche un’impostazione diversa nel modo di fare impresa e di confrontarci con il mercato. Un sistema a nostro avviso più etico, che non sfrutta i produttori, come è accaduto spesso negli ultimi anni con la grande distribuzione, ma che riconosce il valore delle produzioni e la loro qualità».

BioFattorie Aperte
Temi questi che saranno affrontati anche domenica prossima, 1 ottobre, in occasione di BioFattorie Aperte, l’evento regionale organizzato proprio da Aiab-Aprobio, per conto di Ersa, l’agenzia regionale per lo sviluppo rurale. Diciotto aziende regionali accoglieranno durante la giornata i visitatori per far vedere da vicino le loro produzioni e animeranno la giornata con laboratori, visite guidate, pranzi e spuntini rigorosamente bio. Tornando ai dati, invece, nel 2015 la percentuale della superficie agricola utilizzata a non convenzionale rappresentava il 2,4% di quella complessiva regionale, mentre lo scorso anno era del 6,6%, per un totale di 13.900 ettari coltivati. La variazione dal 2014 al 2015 nel solo Friuli Venezia Giulia è stata, quindi, di quasi il 40% e dal 2015 al 2016 la crescita è stata di oltre il 170%. Anche il numero delle aziende è aumentato di pari passo, registrando tra il 2014 e il 2015 un +21% e tra il 2015 e il 2016 quasi il 60% in più.

La certificazione di latte e formaggi
Numeri importanti che spiegano anche perché in regione, per la prima volta dallo scorso anno, è stata ottenuta la certificazione di latte e formaggi interamente biologici. Le aziende che fanno solo produzioni bio sono circa 150 delle 900 e di queste circa 100 svolgono sia attività di produzione che di trasformazione, come le cantine vinicole. Una quantità, comunque, maggiore se si considerano le aziende che hanno superfici biologiche e in conversione. Ultimo dato da prendere in considerazione: le coltivazioni che hanno avuto l’incremento maggiore, oltre ai prati ed ai seminativi, sono state le colture specializzate della vite e del melo. «Questi risultati testimoniano la crescita della sensibilità del consumatore verso il settore e la lungimiranza della Regione, che in questi anni ha incentivato le produzioni biologiche, capendo l’importanza che può rivestire il settore anche per la sussistenza di aziende che, altrimenti, negli anni della crisi, probabilmente avrebbero avuto un futuro più incerto», conclude Braidot.