29 marzo 2024
Aggiornato 08:00
L'intervista

Colautti pronto a scendere in campo a Udine..ma a certe condizioni

Il consigliere regionale dell'Ncd disponibile a guidare una coalizione al di lą degli schieramenti: “Non credo ci saranno ritorsioni politiche per il mio voto favorevole alla riforma costituzionale"

UDINE - «Non credo che ci saranno ritorsioni politiche per il mio voto favorevole alla riforma costituzionale. Sono e rimango di centrodestra, ma con distinguo precisi rispetto ad altre forze». Alessandro Colautti, consigliere regionale dell’Ncd, ex capogruppo del Pdl ex Psi, al suo secondo mandato regionale, fa il punto sullo stato di salute del centrodestra. Non rinnega il suo voto a favore della riforma costituzionale e ribadisce che si è trattato di un’occasione persa. Per questo invita la coalizione a non sentirsi già vincitrice alle prossime elezioni. «Non servono facili trionfalismi, ma una coesione vera», precisa. Insomma, non soltanto non si sente fuori dai giochi, ma puntualizza che sarà protagonista della partita udinese alle prossime comunali. Anche come candidato sindaco.

Nonostante la sua scelta al referendum, le è e rimane di centrodestra?
«Si, assolutamente! Penso di essere l’ala moderata, anzi, l’ala razionale, quella che si rende conto che le fughe in avanti non risolvono i problemi e neppure i vaffa o le ruspe».
Ritiene che la coalizione le farà pagare la sua scelta per il no al referendum?
«La mia è stata una scelta convinta a favore delle riforme. L’ho fatto per coerenza. E non dimentichiamo che la vittoria del no è un sommatoria di tanti problemi più che un giudizio sulla scelta referendaria».
Detto questo?
«Vedremo cosa accadrà. Se me la faranno pagare…? Io rispondo che in politica bisogna sapere scegliere. E’ mancata, nella competizione referendaria, una gamma liberal popolare in grado di sviluppare un percorso non soltanto ministeriale».
Sbaglio o si riferisce all’Ncd?
«L’ Ncd di fatto è mancato nel senso che non ha sviluppato, parallelamente all’azione di governo, una di partito. E’ rimasto cioè parlamentare e non territoriale».
Resta il rammarico, immagino, che lei si ritrova sotto tiro da parte di un centrodestra che pare scoppiare di salute…
«Certo, ma è anche evidente che chi sta all’opposizione ha in questi momenti più facilità ad acquisire consenso Questo almeno sul piano teorico. Poi…»
Dica
«Poi va aggiunto che non è sufficiente essere soltanto uniti, perchè senza condivisione di quello che fai rischi alla fine di farti del male come è già accaduto».
Un esempio?
«Mah, penso alle distanze tra Salvini e Berlusconi rispetto agli scenari europei e ai rispettivi leader di riferimento. E non sono questioni di lana caprina. Su questioni quali sicurezza e immigrazione ci si ritrova, basti pensare che anche la Serracchiani ha finalmente fatto alcune marce indietro».
E che suggerimenti si sentirebbe di fornire al centrodestra?
«Se potessi dare un contributo o un messaggio sarebbe quello di rafforzare la cultura liberal popolare autonomistica che non è una frase fatta. In Fvg siamo stati speso laboratorio anche con la Lega quando era ancora autonomistica. Insomma, è possibile essere non figli di messaggi calati da Roma o Milano. Sui tanti problemi aperti risposte facili non ci sono e non servono quelle xenofobe».
Restiamo sul centrodestra del Friuli Venezia Giulia…
«Vedo che ognuno corre ancora per conto suo, convinti che il vento sia dalla nostra parte. Tutto questo però non basta».
E cosa servirebbe?
«Intanto bisognerà capire quando si andrà a votare e come il sistema politico nazionale influenzerà noi. Se passasse il proporzionale, ripartirebbe una politica dove ognuno penserebbe più a sé che alla coalizione».
Parliamo di candidature alla presidenza della Regione...
«Quelle sul terreno si conoscono. Non so, invece, quanto la Lega giochi una partita fino alla fine sia perché ci sono altre Regioni in ballo, sia perché lo scontro con Fi è molto forte».
Cosa suggerirebbe agi azzurri?
«Di trovare alleanze più al centro e più autonomiste».
Cecotti?
«Sbaglierò, ma non credo sarà della partita in maniera diretta. Non vedo un’organizzazione e il sostegno dei partiti. Immagino, invece, una lista con un ragionamento autonomistico, nonostante le divisioni dentro questa realtà».
E si voterà, nel 2018, anche a Udine.
«(Sorriso). No so quanto possa influire l’accordo regionale. Vero è che Udine forse meriterebbe un’azione che non sia proprio schematica, racchiusa cioè tra centrodestra e centrosinistra».
Se così fosse lei potrebbe essere il candidato ideale, o no?
«Ho già avuto modo di dire che non partecipo al toto candidature. Ho detto che sarò in qualche misura attore di proposte e presenza».
Dai, però…
«Se strada facendo, se la proposta politica e chi ci sarà della partita creassero il giusto consenso sì da sostenere la mia candidatura…E’ un’ipotesi remota, certo, ma forse sarebbe sostenibile. Ribadisco che Udine dovrebbe sperimentare qualche formula forse obsoleta e per certi versi border line. Anche perché in città non ci sono partiti granchè strutturati». (d.p.)