20 aprile 2024
Aggiornato 00:30
L'evento

In migliaia per l'apertura della Porta Santa nel Duomo di Udine

Le parole dell'Arvicescovo Mazzocato: «Entreremo nell'Anno Giubilare della Misericordia solo aprendo la porta interiore del nostro cuore perché, se resta chiusa, in noi non entra nessuno, nemmeno Dio».

UDINE - «Abbiamo varcato la Porta della Misericordia e siamo stati accolti da Gesù che è realmente pronto a donarci la sua misericordia, a riempirci dello Spirito Santo mentre ascoltiamo la sua Parola e mangiamo il suo Corpo nella comunione eucaristica. Ma noi in che condizione ci troviamo in questo momento davanti a lui? Oltre al portale della cattedrale abbiamo spalancato la porta del nostro cuore? Entreremo nell'Anno Giubilare della Misericordia solo aprendo la porta interiore del nostro cuore perché, se resta chiusa, in noi non entra nessuno, nemmeno Dio».
Questo l'appello lanciato dal’Arcivescovo di Udine, monsignor Andrea Bruno Mazzocato, nell’omelia pronunciata in occasione della solenne apertura della Porta della Misericordia nella Cattedrale di Udine, domenica 13 dicembre. Migliaia i fedeli che non hanno voluto mancare l'appuntamento con questa fondamentale tappa del cammino giubilare, vissuta in contemporanea da tutte le diocesi del mondo. Con Mazzocato hanno concelebrato il vescovo emerito, monsignor Pietro Brollo, e il vescovo, monsignor Diego Causero, già nunzio apostolico in Svizzera e Liechtenstein, e centinaia di sacerdoti.

Da qui dunque un invito all’esame di coscienza con un forte richiamo alla necessità di non lasciare spazio all’indifferenza verso Dio e verso chi soffre. «Con umile sincerità — ha, infatti, proseguito mons. Mazzocato — facciamo subito un esame di coscienza chiedendoci: in questo momento sento in me delle resistenze a causa delle quali non spalanco con gioia la mia casa a Gesù, come fece Zaccheo?». «Penso all’indifferenza verso Dio o tiepidezza spirituale — ha spiegato l’Arcivescovo —. L’indifferenza è come uno smog sottile che silenziosamente intossica la coscienza e la rende tiepida e poco interessata sia nei confronti di Dio che delle sofferenze degli uomini. Chi giace nell’indifferenza non sente più dolore e rimorso leggendo il Vangelo e le parole esigenti di Gesù, ma accetta e giustifica tranquillamente i compromessi per cui non sente il bisogno di confessarsi invocando sulla propria miseria la misericordia del Signore. Ha, poi, abituato occhi e cuore a vedere persone che soffrono e muoiono e passa oltre senza farsi più di tanto toccare, come il sacerdote e il levita nella parabola del buon samaritano».