19 aprile 2024
Aggiornato 09:30
Il proteasoma

Tumori: nuovo studio del CIB di AREA Science Park

Questa scoperta è uno dei traguardi ottenuti dal team coordinato da Del Sal su cui AIRC, l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, ha puntato con il suo programma speciale di finanziamento di oncologia clinica molecolare messo in campo grazie alle donazioni del 5X1000 degli italiani

TRIESTE - Il proteasoma è il sistema che la cellula usa normalmente per smaltire i rifiuti proteici e per rinnovare le proteine. Questo apparato molecolare è cruciale per la sopravvivenza delle cellule. Neppure la cellula tumorale può farne a meno per continuare a moltiplicarsi, per far fronte agli stress ai quali è sottoposta e per liberarsi di molte delle molecole che agiscono da freno alla trasformazione maligna. È proprio questo razionale scientifico che porta, ormai da alcuni anni, a considerare il proteasoma un bersaglio ideale per una medicina di precisione contro il cancro. Nasce così una classe di farmaci anti-tumorali capaci di inibirne la funzione.

Paradossi
Ma può accadere che mentre il principio attivo blocca il funzionamento del proteasoma, per tutta risposta la cellula tumorale stimola al massimo l’espressione dei geni che codificano per le diverse componenti di questo apparato molecolare, in modo da ripristinarne o addirittura potenziarne l’attività, frustrando gli sforzi terapeutici. Un meccanismo complesso questo e non del tutto compreso. Finora.

La scoperta
Una ricerca coordinata da Giannino Del Sal del Laboratorio Nazionale CIB di AREA Science Park a Trieste e pubblicata online, lo scorso 27 giugno, dalla rivista scientifica internazionale Nature Cell Biology chiarisce le basi molecolari di questo fenomeno. Quando un tumore ha mutazioni nel gene TP53, è proprio il prodotto di questo gene alterato – la proteina p53 mutata – a controllare e attivare in maniera abnorme l’espressione dei geni del proteasoma. Lo dimostrano i ricercatori guidati da Del Sal che hanno individuato in p53 mutante un elemento fondamentale nel determinare la capacità dei tumori, in particolare dei tumori al seno cosiddetti triplo negativi, di resistere alle terapie mirate contro il proteasoma.

Conseguenze
Le implicazioni cliniche di questa scoperta sono notevoli se si considera che le mutazioni che colpiscono il gene TP53 sono tra le più diffuse nel cancro. Oltre la metà di tutti i tumori presenta, infatti, quest’alterazione che, nel caso di alcuni sottotipi di tumore al seno tra cui il triplo negativo, arriva a interessare ben il 70-80% delle pazienti. Dagli studi sulla proteina più mutata nel cancro la chiave per comprendere la resistenza dei tumori ai farmaci anti-proteasoma. Gli scienziati hanno messo a fuoco uno scenario complesso grazie all’impiego combinato delle più avanzate e diverse tecnologie «–omiche» che permettono di caratterizzare l’intero corredo cellulare di geni espressi, di regioni di DNA controllate e di proteine.

La resistenza del tumore si vince colpendo la proteina p53 mutata
«Il passo dalla scoperta del meccanismo di base alla ricerca più applicativa è stato breve. - spiega Del Sal - Abbiamo subito provato a trattare le cellule di tumore al seno triplo negativo con i farmaci contro il proteasoma, bloccando in contemporanea anche l’alleato p53 mutante con un farmaco mirato, attualmente in fase di sperimentazione clinica. La combinazione si è rivelata molto efficace: una volta eliminato p53 mutante, le cellule tumorali perdono la capacità di reagire all’attacco al proteasoma e si bloccano. La terapia combinata, quindi, può davvero rappresentare un’importante opportunità terapeutica per i tumori che hanno p53 mutante». Questa scoperta è uno dei traguardi ottenuti dal team coordinato da Del Sal su cui AIRC, l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, ha puntato con il suo programma speciale di finanziamento di oncologia clinica molecolare messo in campo grazie alle donazioni del 5X1000 degli italiani.