28 marzo 2024
Aggiornato 22:00
Cinema italiano

Daniele Luchetti: ecco la mia famiglia, tra realtà e immaginazione

«Anni felici», un film personale e molto sentito che voleva fare da tempo e che ha definito un «atto d'amore all'umanità dei suoi genitori e di come sono stati in grado di vivere la loro passione». Dal 3 ottobre il film con Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti

ROMA - Dopo «Mio fratello è figlio unico» e «La nostra vita», Daniele Luchetti torna a raccontare una famiglia, questa volta la sua, in «Anni felici», dal 3 ottobre al cinema, un film personale e molto sentito che voleva fare da tempo e che ha definito un «atto d'amore all'umanità dei suoi genitori e di come sono stati in grado di vivere la loro passione». Tra ricordi, spunti reali, filmini, foto e invenzione narrativa, gli «Anni felici» sono «immortalati» in un'estate del 1974 e sono quelli di Guido e Serena, Kim Rossi Stuart e Micaela Ramazzotti, visti attraverso gli occhi di Dario, (ovvero Luchetti), il figlio più grande di 10 anni che insieme al fratellino Paolo ha vissuto intensamente ogni attimo della loro tormentata relazione, tra momenti di eros puro, liti, tradimenti, allontanamenti improvvisi.

TRA VERITÀ E IMMAGINAZIONE - Lui, Guido, artista d'avanguardia in cerca di libertà artistica e individuale, lei, Serena, donna insicura, fragile e innamorata, entrambi risultato di due famiglie molto diverse e legate a schemi affettivi contrapposti. «Il film comincia dicendo che sono io a raccontare e finisce dicendo che sono fatti immaginari - ha spiegato il regista oggi alla presentazione del film a Roma - la verità è nel mezzo. Il rapporto con mio padre quando ero giovane era stimolante, davvero la mia casa era pervasa da quello spirito di libertà artistica che fa vedere Kim Rossi Stuart. Mia madre ha visto il film e le è piaciuto molto, perché sa bene le cose che sono reali e quelle che sono inventate, anche se ora si preoccupa dei vicini di casa che non sapranno distinguere tra vero e falso».

OMAGGIO ALLA PELLICOLA - Gli «Anni felici» del film non sono poi tutti così felici: «Il titolo ha due valenze - ha spiegato Luchetti - io ho curiosità del passato che non ricordo, e nostalgia per il futuro, perché non lo conoscerò. Qui ho voluto guardare con curiosità il passato, inventando anche delle cose per capirlo meglio». E lo ha fatto usando il 35 mm, il 16 e il super 8 che il piccolo Dario utilizza nel film e con cui si divertiva da piccolo. «Credo che sarà l'ultimo film con la pellicola per ragioni commerciali e tecnologiche e non me ne capacito perché per me la pellicola è l'immagine del cinema. Con il digitale si deve ripensare il modo di girare e ho voluto rendere ancora un omaggio alla pellicola e al suo profumo». Luchetti ha scelto il Toronto Film festival per presentare il suo film e ha escluso la Mostra di Venezia. «Lì c'è un atmosfera easy, più rilassante a Venezia così come a Cannes c'è un'aria 'sacra'; oltre al fatto che a Toronto ci sono molti compratori internazionali ho preferito andar lì per una questione di tranquillità personale visto che è un film molto delicato e così personale».