28 marzo 2024
Aggiornato 23:00
Cinema. Film

Il sogno del successo, dopo 30 anni arriva il nuovo «Fame»

Da venerdì nelle sale, con Debbie Allen della versione originale

ROMA - «Voi fate sogni ambiziosi: successo, fama... ma queste cose costano. Ed è esattamente qui che si comincia a pagare. Con il sudore». Come non ricordare una delle frasi più celebri di «Fame« pronunciata dalla professoressa Lydia Grant, parole che racchiudevano il concetto cardine di tutto il film. A quasi 30 anni di distanza, arriva venerdì nelle sale il nuovo «Fame-Saranno Famosi» di Kevin Tancharoen, che vorrebbe essere, nelle intenzioni della produzione, il remake del grande successo di Alan Parker vincitore di due premi Oscar per la miglior colonna sonora e la miglior canzone.

La storia di base è sempre la stessa. Un gruppo di cantanti, attori e ballerini di talento riesce a entrare nella prestigiosa School of Performing Arts di New York e con fatica, duro lavoro, passione e superando le difficoltà, ha l'opportunità di realizzare il grande sogno: diventare famosi. La versione originale del film fece storia per il linguaggio innovativo, le coreografie, le canzoni e le emozioni che il gruppo dei ragazzi trasmetteva mostrando da vicino l'impegno per arrivare a conquistare un posticino nel difficile mondo dello spettacolo in cui non è facile emergere. Il marchio «Fame» negli anni è diventato sempre più popolare, con una serie televisiva molto seguita, musical e spettacoli ispirati ai personaggi originali, fino ad arrivare ai reality di ultima generazione che spopolano anche in Italia.

«Sono sempre stato un fan del film originale - ha detto il produttore del nuovo «Saranno Famosi» Tom Rosenberg - anche se la concezione di fama è cambiata drammaticamente negli ultimi 25 anni. Quando Alan Parker ha fatto il primo film il tipo di fama era probabilmente più legata al talento di quanto non lo sia oggi, e lì infatti era viva la percezione che solo la dedizione completa e il duro lavoro conducono al successo. Questo è ancora vero, ma oggi l'idea che si possa diventare una celebrità senza avere talento è piuttosto diffusa. L'idea era, quindi, come nel film originale, quella di mostrare che solo dalla costanza e dal talento possa nascere un vero artista».

Nel «Fame» del 2009 diretto dal ventiquattrenne Tancharoen, (ballerino, coreografo, alla prima esperienza di regia), troviamo attori giovanissimi che nella vita vera hanno affinità con i personaggi che interpretano. Tra i 200 ammessi nella Scuola dopo dura selezione il film segue le vicende della talentuosa pianista Denise, del cantante Marco, del regista un po' montato Neil, della timide attrice Jenny, della bella ballerina Alice, del rapper Malik; racconta la delusione del ballerino Kevin, parla di chi, come l'attrice Joy, abbandona l'Accademia per un lavoro. Ma a nessuno di loro ci si affeziona, nessuna di queste storie ha uno sviluppo. Il film, diviso in capitoli per i quattro anni della scuola, non si focalizza sul duro lavoro dei ragazzi per ottenere dei risultati, ci mostra balletti, canzoni e coreografie moderne che spaziano dal rap, alle danze africane, al moderno e al classico, qualche brano di recitazione ed esibizioni canore variegate, ma tutto resta abbastanza distante e non coinvolge. Lo spettatore non viene travolto dall'energia e dalla magia che c'erano nella versione originale in cui i docenti, oltre che a insegnare arti e disciplina, erano maestri di vita.

Dello storico «Fame» resta la versione moderna della colonna sonora e la mitica Debbie Allen che interpretava la rigida maestra Lydia Grant. Qui la ritroviamo nei panni della preside Angela Simms, di nuovo pronta a bacchettare i suoi allievi ma con spirito diverso.