28 agosto 2025
Aggiornato 04:30
Sky

Carboni: Shooting Silvio non incita alla violenza

Il regista: «Ma oggi non lo rifarei. Bene Berlusconi in Abruzzo»

ROMA - Ironia della sorte Berardo Carboni, il regista di Shooting Silvio, il film finito nel mirino del Pdl, insieme a Sky che ieri sera lo ha mandato in onda in prima visione televisiva, è abruzzese. E' nato e vive a Pescara e, ironia della sorte, proprio in questi giorni tragici del terremoto che ha colpito la sua regione ha apprezzato il comportamento del premier Silvio Berlusconi: «Quello che ha fatto è encomiabile, è sbagliato dire che non doveva andare all'Aquila. E' dovere del presidente del Consiglio stare lì, se non sta lì dove deve stare?». Per il resto tuttavia, Carboni, in un colloquio con Apcom, sembra 'nauseato' dalla «gestione mediatica della figura di Berlusconi» e confessa che no, un altro 'Shooting Silvio', oggi, non lo rifarebbe.

«Ora i termini sono diversi, non so se lo rifarei. Ne condivido i punti di partenza ma l'aria è diversa», dice il giovane cineasta pescarese. «Un regista racconta l'aria che sente attorno: quando girai 'Shooting Silvio' non fui il solo a fare una pellicola del genere. Ci fu anche 'Il Caimano' di Moretti, insomma non era una caso che fiorissero opere del genere. Ora invece i toni si sono attutiti e questo è un male, è preoccupante», continua Carboni. «E' vero oggi c'è bisogno di solidarietà ma non si alza neanche una voce contro. C'è un lato A ma non c'è un lato B. Prima c'era voglia di lato B, ora no: chi stava con Berlusconi, sta ancora con lui. Chi non stava con lui, ora ha rinunciato alla battaglia». L'aria che oggi fiuta Carbone intorno a sé, è quella, spiega, della «fuga» tanto che il suo prossimo film sarà «sui mondi virtuali: si intitolerà 'Vola, Vola' come una canzone abruzzese».

E sulla polverone sollevato dalla messa in onda nel prime time del giorno di Pasquetta del suo film? «Si fa un errore di principio - si difende Carboni - Shooting Silvio non incita alla violenza ma fa tutt'altro come si è detto migliaia di volte perché il film è anche noto mediaticamente: non incita all'odio ma ad una riflessione. E' certamente provocatorio ma è un esercizio ad essere se stessi, a mostrare le proprie idee. Non è che se un film parla di guerra è un inno alla guerra, in genere cerca di ostracizzarla. La polemica è del tutto strumentale. Il film non è uno strumento politico, è un film. Io ho idee politiche, ma non faccio politica».