5 maggio 2024
Aggiornato 02:30
Politica

A due mesi dall’operazione al cervello, il segretario del Pd torna a parlare

Fabrizio Morri ha rilasciato un’intervista alla Repubblica in cui ha parlato degli ultimi due mesi, da quando a Roma, durante l’assemblea nazionale, ha avuto un malore

TORINO - Ha rischiato di morire ma si è salvato grazie all’insistenza di Piero Fassino. Fabrizio Morri, a due mesi dal malore avuto durante l’assemblea nazionale del Pd che gli sono costati un periodo di ospedale al San Camillo di Roma e un intervento al cervello per un ematoma, è tornato a parlare e si è tolto qualche sassolino. Lo ha fatto rilasciando un’intervista al quotidiano Repubblica. «Ho visto la morte in faccia e per ora mi è andata bene», esordisce raccontando che i medici gli hanno vietato alcool, caffeina e sigarette, a lui che ne fumava una trentina al giorno. Ha rischiato grosso, ha avuto anche il divieto di usare il cellulare e, si sa, per un politico lo smartphone è uno strumento indispensabile e quindi per Morri gli ultimi due mesi, non solo per questo motivo ovviamente, sono stati una rivoluzione.

Salvato da Piero Fassino
Fabrizio Morri è stato colto da malore senza alcun sintomo. Si è sentito male a Roma durante l’assemblea nazionale del Partito Democratico e, credendo fosse solo stanchezza, avrebbe tranquillamente preso il treno come da programma per tornare a casa. Ma Piero Fassino ha insistito affinché andasse a farsi controllare in ospedale. Un consiglio che alla fine si rivelerà essere deciso per la salute dell’ex parlamentare. «E’ stato Piero Fassino a insistere a volermi portare in ospedale», racconta a Repubblica, «da cocciuto quale sono ho fatto pure resistenza. Non gli sarò mai abbastanza grato per averlo fatto».

Lo stress da politica
Dopo una vita intera passata a fare politica, Fabrizio Morri adesso vorrebbe dedicarsi di più alla famiglia e fare il militante, evitando così lo stress che negli ultimi mesi, a causa soprattutto della sconfitta elettorali a Torino e del referendum andato come non avrebbe voluto, aveva scandito tutte le sue giornate. Fino al congresso nazionale, visto che nei giorni precedente aveva partecipato a diverse riunioni di circoli per parlare della situazione nazionale del Pd. Altro motivo, e lo specifica bene nell’intervista, è la «cattiveria» della politica: «Dopo questa esperienza vorrei fare un appello: in politica dovrebbe esserci meno cattiveria e più umanità. La politica si è molto imbarbarita. In occasione della competizione per la segreteria», dice ancora a Repubblica, «anche alcuni compagni del partito che reputavo amici, hanno rilasciato interviste in cui mi accusavano di essere del partito delle autostrade, o di aver preso i voti dei calabresi perché sono amico di Gallo».