4 ottobre 2023
Aggiornato 05:30
Dopo bufera il sindaco annuncia: a Roma di tasca mia 20mila euro

Marino: basta, pago tutto io

Il sindaco di Roma Ignazio Marino, al termine di una giornata infuocata e richieste di dimissioni dalle opposizioni, ha spiazzato tutti e annunciato che pagherà di tasca propria le spese di rappresentanza per 20mila euro

ROMA - Il sindaco di Roma Ignazio Marino, al termine di una giornata infuocata e richieste di dimissioni dalle opposizioni, ha spiazzato tutti e annunciato: «Basta polemiche, regalo alla città e pagherò di tasca mia ogni spesa di rappresentanza fatta in due anni con la carta di credito del comune» e anzi «ho deciso che non avrò mai più una carta di credito del comune». La cifra secondo i calcoli di Marino in due anni è di 20mila euro, «spesi nell'interesse della città», in ogni caso ha dato mandato alla Ragioneria di fare il calcolo «al centesimo», «questa stessa notte», poi «domani staccherò un assegno per l'intera cifra, ivi compresi quei 3.540 euro investiti nella cena con il mecenate Usmanov, arrivata alla fine di una serie di incontri che hanno portato nelle casse del Campidoglio due milioni di euro».

Interesse comune?
Il sindaco ha ricordato che «è grazie a quelle risorse che stiamo restaurando, tra l'altro, la fontana del Quirinale», mentre proprio oggi ha inaugurato il restauro della scalinata di Trinità dei monti, grazie ad un intervento di mecenatismo di Maison Bulgari da un milione e mezzo di euro ringraziando, «l'ad di Bulgari, che ha sposato il nostro percorso di attrazione di mecenati e filantropi che amano Roma».

Basta polemiche
Il gesto di Marino e il suo assegno per pagare tutto «di tasca mia» nelle sue intenzioni ha un preciso significato: «Lo faccio per i romani non per chi mi attacca. La mia decisione mette un punto, e adesso basta polemiche» e guarda «all'obiettivo giubilare", che "è una sfida che Roma, con lo sforzo di tutti i cittadini e con il concorso del governo, saprà vincere». Che «Roma quindi guardi al futuro».

Esposti sul tavolo della procura
Ma gli esposti presentati dalle opposizioni restano sul tavolo della procura che ha aperto un fascicolo senza ipotesi di reato. Il sindaco lo sa e si dice sereno: «Dato che alcuni hanno deciso di investire la Procura di questa vicenda, saranno i magistrati a ristabilire la verità».  L'indagine, appena avviata, sulle spese del sindaco di Roma, Ignazio Marino è alla fase delle «Verifiche». Gli inquirenti della Procura capitolina a breve acquisiranno tutta la documentazione relativa all'aumento del massimale, da 10 mila a 50 mila euro, di utilizzo mensile della carta di credito in dotazione al primo cittadino. Il fatto, segnalato nell'esposto dei Fratelli d'Italia, ha in qualche modo destato l'interesse degli inquirenti. Il fascicolo affidato al pm Roberto Felici è al momento senza ipotesi di reato. Gli inquirenti di piazzale Clodio dovranno accertare se Marino abbia sostenuto spese con la carta di credito del Comune al di fuori dei fini istituzionali, come chiedono i firmatari degli esposti, e per questo motivo, oltre ad esaminare la documentazione sull'aumento del plafond sentiranno, come testimoni, anche i titolari degli esercizi ai quali fanno riferimento i «giustificativi».

Le quattro cene delle polemiche
Sono quattro le cene sulle quali le ultime cronache puntano i riflettori: la prima del 26 ottobre 2013, 150 euro, al ristorante Sapore di Mare di Roma, pagamento fatto con la carta di credito avuta in dotazione dall'amministrazione capitolina per la carica di sindaco, nel giustificativo Marino dichiara cena offerta per motivi istituzionali ad alcuni rappresentanti della Comunità di Sant'Egidio", circostanza smentita da esponenti della Comunità di Sant'Egidio; la seconda cena 120 euro il 27 luglio 2013, con un rappresentante della World health organization, invece il titolare del ristorante, la Taverna degli amici in piazza Margana in un'intervista a Repubblica dice che il sindaco era con la moglie; la terza il 4 maggio 2015, a Torino, con don Damiano Modena, smentita dall'ospite al Corriere della sera. Lo stesso quotidiano ha intervistato il ristoratore del Girarrosto toscano, a Roma, il quale smentisce che la cena di Santo Stefano, 2013, fosse istituzionale: «Era un cena familiare».

(con fonte Askanews)