Bossi-Maroni, in scena di nuovo la Lega di lotta e di Governo
Il leader intona «fora d'i ball», il Carroccio mette a indice l'UE. Zaia: «Si ai profughi, no ai clandestini»
ROMA - La faccia feroce di Umberto Bossi, il tentativo di Roberto Maroni di governare l'emergenza. In questi giorni più che mai la Lega esercita il ruolo di partito di lotta e di governo, stretto tra le responsabilità istituzionali in capo al suo ministro dell'Interno e la pancia elettorale cui dà voce il leader leghista. Con un colpevole da additare all'opinione pubblica: quell'Unione Europea che, accusa un autorevole dirigente del Carroccio, «ha dimostrato ancora una volta di essere solo un'unione monetaria».
GIOCO DELLA PARTI - E così anche questa volta va in gioco quello che dall'opposizione denunciano come «un gioco delle parti» tra Bossi e Maroni. Il leader leghista taglia corto: «Gli immigrati vadano fora d'i ball». E soprattutto, mentre si cerca il modo di rimpatriarli, magari forzando la mano e rispedendo in Tunisia gli immigrati anche senza un accordo bilaterale con il nuovo governo di Tunisi, è meglio che «i clandestini stiano più vicini a casa loro», ovvero al Sud. L'altra faccia della medaglia leghista è quella di Roberto Maroni: libici, somali ed eritrei non saranno rimpatriati in quanto profughi, per i tunisini sono già pronte le navi per riportarli indietro. Appunto, «fora d'i ball».
ZAIA - Anche il governatore leghista del Veneto, Luca Zaia, dice sì ai profughi in arrivo dalla Libia che sono «rifugiati politici in fuga dalla guerra civile», no ai clandestini giunti a Lampedusa perché «una terza via di ospitalità per i clandestini non esiste». L'importante, sottolinea, è che il tavolo di domani tra esecutivo e governatori che dovrà ripartire i profughi tra le diverse regioni sia «unitario per dare massima solidarietà a donne e bambini», con una regola precisa: «O tutti o nessuno».
Una posizione, quella della Lega, che cerca dunque il difficile equilibrio tra gli eventi che stanno cambiando la faccia del Maghreb e le esigenze del territorio. Con i deputati leghisti che oggi alla Camera raccontavano dei timori nei loro collegi e ragionavano sulle imminenti amministrative.