12 ottobre 2025
Aggiornato 06:00
Editoriale

Dario Pignatelli (reporter): se vuoi fare la foto devi essere lì

Polenghi è il dodicesimo giornalista reporter morto sul campo nel 2010

«Quando ci sono questi incidenti è inutile ripararsi, per fare la foto il reporter deve trovarsi più vicino possibile a quello che accade», spiega Dario Pignatelli, il reporter italiano ferito un mese fa.
Prima di Polenghi gli ultimi due giornalisti reporter che hanno trovato la morte sul campo sono stati Azmat Ali Bangash ucciso in Pakistan il 4 maggio e Sheik Nur Mohamed Abkey di radio Mogadiscio, rimasto a terra in Somalia lo stesso giorno.

L’elenco dei morti per il mestiere di giornalista nel 2010 ha registrato caduti in Messico, Afghanistan, Yemen, Colombia, Honduras.
Il 10 aprile scorso, sempre in Thailandia, era toccato al giapponese Hiroyuki Muramoto.
Tutte vittime del proprio lavoro, senza il cui sacrificio niente sapremmo di ingiustizie, scontri, soprusi che ogni giorno punteggiano di nero una qualche parte del mondo.
Sono uomini pronti a dare la loro vita per la verità che oggi non riescono nemmeno a portare a casa un salario decente.
Polenghi, che era partito come fotografo di moda e poi si era impegnato nel sociale in molti angola della terra, aveva scelto i tumulti dell’Asia anche poter continuare a lavorare.
La rappresentazione economica in cui versano questi professionisti l’ha offerta in tutta la sua gravità l’agenzia Grazia Neri, la prima agenzia giornalistica in Italia, fondata nel 1966, che nell’autunno scorso, sconfitta dalla crisi dell’editoria, ha deciso di chiudere i battenti. Nel giro dell’ultimo anno i dipendenti erano scesi da 31 a 18 e il fatturato era diminuito del 40 per cento.
I free lance, è bene ricordarlo a fine mese non li paga nessuno. Ricevono un compenso solo per il lavoro che riescono a piazzare.
E se sono reporter la possibilità che qualcuno compri le loro foto aumenta solo » se ti trovi lì».
E qualcuno «lì» ci resta per sempre.