19 aprile 2024
Aggiornato 11:30
Cronaca. Liguria

Contrabbando yacht di lusso a Genova, frode da 4 milioni

Coinvolta una nota azienda italiana. Circa 30 le barche interessate

GENOVA - Importavano a Genova imbarcazioni di lusso costruite all'estero, per rivenderle successivamente sul mercato europeo. Smascherata da Gdf e Dogane una frode di circa 4 milioni di euro. Nel mirino una nota azienda italiana operante nel ramo della commercializzazione di imbarcazioni di lusso. Interessate circa 30 importazioni di yacht, il cui valore commerciale varia tra i 500mila euro e 1,2 milioni. Lo scalo genovese, oltre allo strategico posizionamento all'interno del bacino del Mediterraneo, sarebbe anche servito per sfruttare i benefici fiscali del cosiddetto deposito fiscale presso i terminal portuali.

Operazione «Depositi virtuali» - Attraverso questo sistema, la legge italiana consente agli importatori di sospendere il versamento dell'Iva alle casse dello Stato per l'intero periodo di stoccaggio del bene all'interno del predetto deposito. L'imposta viene fatta scontare in un secondo momento e, precisamente, quando il bene, uscito fisicamente dal deposito fiscale, viene definitivamente immesso in consumo. Per poter sfruttare questo vantaggio fiscale, la legge doganale comunitaria impone che il bene entri fisicamente all'interno dell'area adibita a deposito. Nel caso specifico genovese, il deposito fiscale portuale corrisponde a determinati spiazzi presenti all'interno del porto. Per poter sfruttare i vantaggi della legge è fondamentale, quindi, che lo yacht faccia ingresso presso queste aree e vi permanga.
Quando gli yacht di lusso raggiungevano le coste liguri, scaricate dalle navi container, non venivano realmente stoccate presso i depositi fiscali, come invece risultava dalle carte, ma in realtà le barche non transitavano all'interno del deposito e venivano direttamente caricate sui camion e fatte uscire dal porto. In una circostanza, addirittura, lo yacht è stato scaricato dalla nave portacontainer direttamente in mare e fatto uscire dal porto con i propri motori, nonostante la documentazione ne attestasse lo stoccaggio presso il deposito fiscale. In questo modo, spiegano Gdf e Dogane, oltre a sfruttare i benefici concessi dalla normativa doganale, le imbarcazioni venivano praticamente vendute in contrabbando, considerato che non veniva corrisposto all'erario neanche il dazio doganale. L'operazione «Depositi virtuali» è stata coordinata dalla Procura della Repubblica di Genova.