20 aprile 2024
Aggiornato 15:00
Rivolta a Milano

Bossi e Maroni frenano la Lega: niente rastrellamenti

Per i due Ministri del Carroccio «nessun rischio-banlieu, servono politiche lungimiranti»

ROMA - Dopo la guerriglia urbana di Milano dell'altro giorno il leader della Lega, Umberto Bossi, frena i suoi e invita a «lasciar perdere i rastrellamenti», evocati dalla frase «andare a prendere gli immigrati casa per casa» detta da alcuni esponenti del Carroccio (in particolare dall'europarlamentare Matteo Salvini) dopo che via Padova, nel capoluogo milanese, era stata messa a ferro e fuoco dallo scontro tra immigrati nordafricani e sudamericani.

«I rastrellamenti lasciamoli stare. Avete presente cosa è successo negli ultimi anni: sono arrivate montagne di immigrati e non è possibile continuare così. Anche io - ha aggiunto il senatur - critico la sinistra che ha fatto entrare montagne di immigrati senza casa e sono nati quindi i quartieri ghetto. Se Bersani ha ragione vincerà le elezioni, altrimenti le perderà. Però i rastrellamenti lasciamoli stare».

Contro l'ipotesi del pugno duro, oggi, ha parlato anche il ministro dell'Interno Roberto Maroni: i clandestini, è il ragionamento, vanno espulsi, ma non si risolve un problema come via Padova, dove «non vedo il rischio di banlieue», con i blitz e le camionette. La soluzione, secondo il titolare del Viminale, non è dunque lo 'stato di polizia': «è importante - ha detto Maroni - evitare che una zona di città diventi estranea a chi ci vive, una sorta di territorio separato, di zona franca». «Adesso - ha aggiunto - bisogna gestire, fare politiche di ricomposizione, mantenere insieme la città. E quando serve, intervenire. Mi piace parlare di ristrutturazione, ma senza interventi repressivi. Non serve incendiare le piazze».

Per questo Maroni convocherà una riunione con «il Welfare, le Regioni, i Comuni, il volontariato, per affrontare questo tema». Perché, ha ammesso il ministro, «ci sono molti immigrati regolari che vivono ancora una condizione di estraneità. Oltre al permesso di soggiorno, al lavoro, alla casa, ci sono altre condizioni che oggi mancano per l'integrazione».