23 aprile 2024
Aggiornato 19:30
La rivolta di Milano

Maroni: no a rastrellamenti, serve integrazione

Per il Ministro «bisogna evitare le concentrazioni etniche in un solo quartiere»

MILANO - I clandestini «vanno espulsi», ma il ministro dell'Interno Roberto Maroni non ha intenzione di far scattare in via Padova, teatro della rivolta degli immigrati di sabato notte, «blitz e camionette». Al contrario, «bisogna cambiare passo nelle politiche di accoglienza e di integrazione». Cominciando con «l'evitare le concentrazioni etniche in un solo quartiere, con il rischio di creare ghetti».

Intervistato dal Corriere, Maroni sembra ipotizzare una vera e propria svolta nelle politiche del Governo: «E' importante evitare che una zona di città diventi estranea a chi ci vive, una sorta di territorio separato, di zona franca». Il ministro leghista immagina «un nuovo progetto di integrazione: adesso bisogna gestire, fare politiche di ricomposizione, mantenere insieme la città. E quando serve, intervenire. Mi piace parlare di ristrutturazione, ma senza interventi repressivi. Non serve incendiare le piazze». Per questo Maroni convocherà una riunione con «il Welfare, le Regioni, i Comuni, il volontariato, per affrontare questo tema». Perchè, riconosce il ministro, «ci sono molti immigrati regolari che vivono ancora una condizione di estraneità. Oltre al permesso di soggiorno, al lavoro, alla casa, ci sono altre condizioni che oggi mancano per l'integrazione».

Maroni annuncia poi l'invio di altri agenti a Milano, «170 uomini in tutto. Ma non è una militarizzazione». Quanto alle polemiche tra maggioranza e opposizione, con Bersani che denuncia il fallimento delle politiche di centrodestra, Maroni dice: «Vorrei evitare il rimpallo delle colpe, Una classe politica non deve usare miseramente questi temi per una campagna elettorale».