Mons. Crociata: «C'è chi usa Chiesa per difendere suo potere»
Per il Segretario Generale della CEI: «C'è chi getta discredito su chi in Chiesa ostacola strumentalizzazioni»
ROMA - Nella Chiesa «non dovrebbe esserci posto per meschine competizioni di orgoglio, per maneggi di arrivismo, per ambizioni di successo e di gloria personali, di preminenza sugli altri». Così il segretario generale della Cei, mons. Mariano Crociata, che ha stigmatizzato anche il comportamento di chi «si serve del nome cristiano e dei legami ecclesiali per raggiungere e difendere posizioni di potere e di prestigio» e arriva a «gettare discredito su chi nella Chiesa ostacola o adombra disegni che in realtà utilizzano e strumentalizzano la Chiesa».
Il monito è giunto al termine dell'omelia della messa domenicale celebrata ieri a Roma, nella chiesa del Divin Maestro, e diffuso oggi dal «Sir» (Servizio informazione religiosa). Facendo riferimento alle letture del giorno, il segretario della Cei ha evidenziato che «se vi può essere una gara tra i cristiani, dev'essere quella in cui si lotta per accaparrarsi il posto di maggior servizio, e questo senza ostentazione». Eppure «dobbiamo riconoscere - ha aggiunto - che tante volte noi tendiamo ad allontanare la sofferenza e ad assicurarci l'onore. Gesù ci disinganna, perché chi vuole aver parte alla sua gloria, deve saper bere il calice della sofferenza». Chi, invece, nella Chiesa insegue orgoglio e arrivismo «Gesù lo definisce un pagano», poiché «tutta la nostra ambizione dovrebbe consistere nell'essere strumento della sua gloria».
«Ancora più doloroso - ha rilevato mons. Crociata - è constatare come non manca chi addirittura si serve del nome cristiano e dei legami ecclesiali per raggiungere e difendere posizioni di potere e di prestigio, magari piegando strumentalmente la stessa verità del Vangelo e cercando non solo di emergere sugli altri, ma arrivando a gettare discredito su chi nella Chiesa ostacola o adombra disegni che in realtà utilizzano e strumentalizzano la Chiesa e la stessa fede per altri scopi». La modalità propria «per dirsi ed essere cristiani», al contrario, sta «nel seguire Gesù sulla via del servizio e sulla via della croce».
Citando il messaggio di Benedetto XVI per la Giornata missionaria mondiale, e ricordando in particolare la «tremenda notizia di questi giorni riguardante sette cristiani del Sudan messi a morte in croce, come Gesù», il segretario generale della Cei ha rivolto un pensiero a «quelle Chiese locali» e a «quei missionari e missionarie che si trovano a testimoniare e diffondere il Regno di Dio in situazioni di persecuzione». «Il riferimento al martirio - ha sottolineato l'arcivescovo - è quanto mai attuale, perché non c'è quasi giorno in cui non si abbia notizia di uccisioni, se non di missionari e missionarie, di cristiani perseguitati a motivo della loro fede».