Vaticano: «Immigrati non sono minaccia per identità cristiana»
Così l'arcivescovo Antonio Maria Vegliò: «A metterla in pericolo è piuttosto il secolarismo intollerante»
Città del Vaticano - Il rischio di perdere l'identità cristiana di fronte a consistenti afflussi di rifugiati appartenenti ad altre religioni? «Il rischio potrebbe essere reale, quantunque io sia convinto che l'arrivo di migranti e rifugiati appartenenti ad altre religioni sia uno stimolo più che una minaccia per l'identità cristiana»: così l'arcivescovo Antonio Maria Vegliò, presidente del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti.
Rischi dal «secolarismo» - «In effetti - afferma Vegliò in un'intervista pubblicata dall'Osservatore romano il giorno successivo all'incontro del Segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone con il leader della Lega Umberto Bossi - essi arricchirebbero se stessi e il nuovo ambiente se si trovassero a confronto con una diversa identità religiosa davvero solida e coerente. A mettere in pericolo l'identità cristiana è piuttosto il processo di avanzata secolarizzazione, che talora sta degenerando in secolarismo intollerante e, nel vecchio continente, sta ormai facendo perdere le radici cristiane dell'Europa, negate in sede istituzionale e in alcuni ambiti della società.
Una comunità senza Dio - Di fatto, mediante il laicismo e il relativismo, l'Europa sta costruendo una comunità senza Dio e ciò non è solo un ostacolo alla sua identità, ma è anche un impedimento alle politiche di integrazione. Se fossimo coraggiosi testimoni del Vangelo - afferma Vegliò - forse un numero maggiore di migranti e di rifugiati, in ricerca e in fuga da realtà oppressive, anche sul piano religioso, sarebbe affascinato dalla fede cristiana o, quanto meno, essa sarebbe apprezzata per il suo contributo nell'ambito culturale, storico e artistico».
«Mi pare, invece, che il cristianesimo in Europa sia guardato con sospetto da migranti e rifugiati non cristiani - sottolinea l'esponente vaticano - allorquando si lascia identificare con uno stile di vita che lo contraddice e con la mancanza di genuina religiosità da parte degli autoctoni. Talvolta, poi - aggiunge - si paventa l'espansione demografica dei non cristiani in Europa. Ma anche in questo caso dovremmo chiederci perché non siamo in grado di equilibrare il dinamismo demografico e, soprattutto, di trasmettere la fede cristiana alle nostre nuove generazioni, che, per quanto in calo, sono ancora numericamente in maggioranza».