24 aprile 2024
Aggiornato 18:00
Il matrimonio è «un sacramento»

Mons. Sigalini: «Irregolari o no, la Chiesa li sposa»

«Problema permesso soggiorno solo all'atto di trascrizione»

ROMA - Il matrimonio è «un sacramento» e quindi, «in assenza di impedimenti canonici, non neghiamo il matrimonio» agli immigrati irregolari: lo spiega mons. Domenico Sigalini, segretario della commissione Cei per i migranti e assistente ecclesiastico generale dell'Azione cattolica, a commento delle norme previste nel pacchetto sicurezza Maroni.

Per il Diritto canonico non cambia nulla - «Per le nozze in chiesa bisogna fare le pubblicazioni sia in parrocchia sia in comune», spiega il vescovo in un'intervista alla Stampa. «E' una pratica antica che serve a informare del matrimonio chiunque sia a conoscenza di precedenti legami o altri ostacoli. Dal punto di vista del codice di diritto canonico non cambia nulla se gli sposi hanno o meno il permesso di soggiorno.

Problema trascrizione - Italiani, clandestini, immigrati regolari senza cittadinanza sono identici davanti al sacramento. Se lo chiedono alla Chiesa e ne hanno il diritto lo ottengono. Il problema però - spiega Sigalini - si crea con la trascrizione. Con il Concordato, quando celebriamo in Chiesa un matrimonio, poi lo facciamo trascrivere allo Stato. Ma perché ciò avvenga serve che, prima della cerimonia, siano state fatte le pubblicazioni in comune. Dunque il permesso di soggiorno diventa un ostacolo a monte. Però ciò non toglie che se anche non gli vengono riconosciuti effetti civili, il matrimonio è assolutamente valido per la Chiesa».