19 aprile 2024
Aggiornato 14:30

Indagini illegali: 29 detective e funzionari rischiano giudizio

Procura di Roma chiude indagini: «Associazione a delinquere»

ROMA - Agenzie investigative senza scrupoli, con uomini capaci di violare leggi e regolamenti pur di acquisire tutte le informazioni utili e richieste. E' un quadro a tinte fosche quello che emerge dall'avviso di conclusioni delle indagini preliminari che è stato notificato nei giorni scorsi a 29 persone, tra detective privati, funzionari dell'agenzie delle entrate, impiegati. L'atto d'accusa è compilato dal pm Pietro Saviotti che si accinge a chiedere il rinvio a giudizio di tutti o quasi gli indagati. I reati contestati sono molti e anche di più gli episodi illeciti.

I principali soggetti coinvolti facevano riferimento alla agenzia 'Professional Detective' che aveva sede all'Aquila. Secondo il pubblico ministero «si associavano tra loro al fine di svolgere investigazioni illegali mediante continuativi trattamenti illeciti di dati personali, interferenze illecite aggravate nella vita privata, corruzioni di pubblica amministrazione e di incaricati di pubblico servizio, per atti contrari ai doveri di ufficio, rivelazioni e utilizzazioni di segreti d'ufficio, falsità ideologiche commesse dal provato in atto pubblico, false testimonianze e intralcio alla giustizia».

La maggior parte degli indagati erano anche citati nell'ordinanza di custodia cautelare emessa nel maggio dello scorso anno dal gip Marco Patarnello, che portò in carcere 17 persone tra amministratori e collaboratori di agenzie investigative di Roma, Torino, l'Aquila e Arezzo. Il pm Saviotti contesta i reati di associazione a delinquere finalizzata all'accesso abusivo in sistemi informatici, installazione illecita di apparati di intercettazione, captazione abusiva di conversazioni e trattamento illecito dei dati personali (violazione della privacy).

Le informazioni riservate venivano acquisite grazie a pubblici ufficiali che avevano accesso a banche dati (anagrafe tributaria, forze di polizia, società di telefonia). Tra gli indagati figurano anche due legali, interessati a 'costruire' false testimonianze da utilizzare in procedimenti giudiziari. Le vittime delle attività illecite sono oltre cinquanta. Molti di loro sono stati protagonisti di conversazioni captate con i metodi di intercettazione più disparati.

Le tariffe per avere informazioni su un tabulato telefonico potevano andare da 150 a 600 euro. Nel caso di una donna sono state acquisite ed elaborate «ai fini di ricatto per prestazioni sessuali, immagini fotografiche e riprese idonee a screditarla». E per farlo non c'è stato limite. Violando il sistema della Agenzia delle entrate e tramite videocamere piazzate in apparecchi tv e computer. Gli accertamenti erano stati avviati dopo la denuncia di un cittadino che, rivolgendosi ad un elettrauto per chiarire i motivi per cui la batteria della sua auto si scaricava in continuazione, scoprì che questa alimentava una microspia collocata all'interno dell'abitacolo.