2 maggio 2024
Aggiornato 10:00

Immigrati, Mons. Marchetto: rimpatri non stroncano tratta

Cita Unhcr: «Tra vittime di traffico ci possono essere rifugiati»

Città del Vaticano - Per «prevenire il traffico di esseri umani» al giorno d'oggi «si fa spesso ricorso a politiche d'immigrazione più severe, a maggiori controlli alle frontiere e alla lotta al crimine organizzato. E' un approccio ristretto e limitato, insufficiente per contrastare il fenomeno e si rischia così di mettere in pericolo la vita delle vittime»: lo afferma il segretario del Pontificio consiglio per la pastorale dei migranti e degli itineranti, monsignor Agostino Marchetto.

«E' necessario invece - afferma l'arcivescovo in un discorso che verrà pronunciato domani - affrontare le vere cause del fenomeno perché, fin quando le vittime che sono rimpatriate si ritrovano nelle stesse condizioni da cui hanno cercato scampo, il traffico non si interromperà facilmente. Quindi le iniziative anti-traffico devono mirare anche a sviluppare ed offrire a costoro possibilità concrete di sfuggire appunto al ciclo povertà-abuso-sfruttamento».

La Santa Sede, ricorda monsignor Marchetto, «è stata sempre consapevole della gravità del crimine del traffico di esseri umani. Nel 1970, Papa Paolo VI creò una Pontificia Commissione (ora Consiglio) della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, che monitora anche la questione delle vittime del traffico di esseri umani, considerate una delle categorie di schiavi dei tempi moderni». L'arcivescovo cita anche le linee guida dell'Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), quando sottolinea che alcune vittime del traffico di esseri umani «potrebbero rientrare nella definizione di rifugiato di cui all'articolo 1A(2) della Convenzione del 1951 e quindi avere il diritto alla protezione internazionale per i rifugiati».