29 marzo 2024
Aggiornato 06:30

Santa Rita, i 3 chirurghi accusati di 4 omicidi

La Procura: emerge un quadro di sconcertante aggressività

MILANO - Emerge l'ennesimo quadro sconcertante dal prosieguo delle indagini sulla Santa Rita di Milano, mediaticamente ribattezzata la «clinica degli orrori», che questa mattina ha visto i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria del Comando provinciale di Milano eseguire tre ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti dell'ex primario di chirurgia toracica Pierpaolo Brega Massone, del suo ex aiuto Fabio Presicci (entrambi già detenuti) e del chirurgo Marco Pansera, che si trovava agli arresti domiciliari. Ai tre vengono contestati i reati di omicidio volontario e lesioni personali per, a vario titolo, relativi, nel complesso a quattro decessi e 24 casi di lesioni personali nei confronti di altrettanti pazienti della clinica sottoposti a interventi chirurgici inutili o dannosi eseguiti al solo fine di ottenere rimborsi economico-finanziari da parte del Sistema sanitario regionale.

I provvedimenti sono stati firmati dai Pm Tiziana Siciliano e Grazia Pradella, che avevano chiesto il medesimo provvedimento per le stesse accuse per altri sette medici anestesisti, tra cui il primario del reparto di Rianimazione, che avevano assistito i tre chirurghi, per i quali però il gip Micaela Curami ha ritenuto di indagarli a piede libero con la motivazione del «concorso colposo in fatti dolosi», cioé imputandogli in pratica una negligenza o un'imperizia che ha permesso ad altri di compiere un azione dolosa, una scarsa comprensione del fatto chirurgico che ha poi portato la morte dei pazienti. Una motivazione che, naturalmente, non convince le Pm che ora stanno ragionando se ricorrere.

Per quattro omicidi è imputato il solo Brega Massone, per due di questi anche Presicci e per uno solo Pansera. Per tre casi di morte direttamente imputabili secondo il pool di periti chiamati dai Pm, sono coinvolti tre diversi anestesisti, due di questi erano quelli che maggiormente assistevano l'ex primario Brega Massone. Secondo i Pm, nei casi di lesioni personali un ruolo di primo piano lo avrebbe avuto Fabio Presicci, assistito spesso dal collega Marco Pansera, anche in assenza dell'ex primario del reparto di chirurgia toracica Brega Massone.

Inquietanti le considerazioni esposte nelle loro perizie dal pool di esperti di medicina legale e di anestesia e rianimazione che, per esempio, nel caso di decesso di un paziente di 65 anni morto nel letto del reparto di Riabilitazione della clinica milanese a una settimana dall'intervento, parlano di un «intervento inutile e tardivo, privo di qualsiasi probabilità di ottenere un beneficio della paziente e che pare solamente come puro accanimento». Per quanto riguarda invece una paziente di 83 anni, il colonnello delle fiamme gialle Cesare Marangoni che ha guidato l'operazione «Santa Rita 2», ha spiegato che «sarebbe bastato solo un po di riposo ma i medici hanno deciso di operarla e l'anziana è morta dopo quattro giorni».

Il gip nell'ordinanza con cui dispone le misure cautelari per i tre chirurghi scrive che «siamo di fronte ad uno sconcertante quadro di aggressività costantemente operato al di fuori o in assenza di valido consenso informato, e non supportato da valide finalità terapeutiche. La peculiarità del reparto di chirurgia toracica della clinica S. Rita sfugge quindi a un inserimento in categorie già percorse».

Inizialmente l'ipotesi di omicidio volontario riguardava la morte di cinque pazienti, ma per un caso i consulenti medici non hanno avuto la certezza che il decesso fosse la diretta e unica conseguenza dell'intervento medico chirurgico a cui erano stati sottoposti dagli indagati.

Le indagini sulla Casa di cura Santa Rita sono iniziate nel gennaio 2007 con le analisi delle strutture esistenti e le modalità di rimborso nella clinica. A maggio dello stesso anno presso la Regione Lombardia sono stati acquisiti i dati relativi alle prestazioni erogate dagli istituti ospedalieri lombardi convenzionati con il Sistema sanitario nazionale per 2005 e 2006.

Dall`analisi delle circa 4mila cartelle cliniche sequestrate sono emersi episodi di accanimento chirurgico giustificati solo da motivi economici: in particolare i codici usati per rendicontare i ricoveri non erano quelli corrispondenti all`assistenza sanitaria erogata, ma relativi a interventi maggiormente retribuiti. L'importo indebitamente ottenuto dagli enti pubblici era stato stimato in circa 2,5 milioni di euro.

I primi arresti risalgono al 9 giugno del 2008, quando furono eseguite 14 ordinanze di custodia cautelare, due in carcere e 12 agli arresti domiciliari, nei confronti di 13 medici e del rappresentante legale della clinica per i reati di falso ideologico e truffa ai danni del Servizio Sanitario Nazionale. Ad alcuni dei medici furono contestati anche l`omicidio volontario e le lesioni gravissime.