20 aprile 2024
Aggiornato 00:30

Prostitute schiave dalla Nigeria, un traffico vastisssimo

Soggiogate e costrette in strada. 62 arresti dei Carabinieri

ROMA - Centinaia di prostitute-schiave nigeriane dall'Olanda all'Italia, vittime di un vasto traffico di esseri umani che aveva la propria sede operativa a Castelvolturno, in Campania. Un network molto solido, in grado di autoalimentarsi grazie ai proventi della cocaina e dell'eroina proveniente dai mercati colombiani e turchi. Un congegno quasi perfetto, scoperto e disarticolato dopo due anni di indagini dalla procura distrettuale antimafia di Napoli. Ieri i carabinieri del Ros e del comando provinciale di Viterbo hanno individuato e arrestato il braccio casertano di questa organizzazione. Su disposizione del Gip di Napoli sono stati eseguiti 62 ordini di arresto per associazione finalizzata alla tratta di esseri umani, riduzione in schiavitù, sfruttamento della prostituzione e traffico internazionale di stupefacenti. Un altro provvedimento analogo era stato eseguito a gennaio 2008 in Italia e all'estero a carico di altre 75 persone, mentre altre 29 erano state raggiunte da mandato d'arresto nei Paesi Bassi, Stati Uniti, Inghilterra, Germania, Francia, Spagna, Belgio e Nigeria, in una operazione collegata.

Le vittime del traffico venivano 'reclutate' in Nigeria, dove sottoscrivevano un patto di sangue alla presenza di un santone (pastor). Durante la cerimonia, che prevedeva anche la parziale mutilazione degli organi genitali, alle donne veniva imposto di riscattare il debito contratto e di ubbidire alla propria 'madame', pena la morte o gravi ritorsioni nei confronti dei familiari nel Paese d'origine. Le donne, provenienti soprattutto da Lagos o Benin City, contraevano con l'organizzazione un debito di circa 60mila euro, venivano poi trasferite in Ghana, Sierra Leone e Togo da dove, dopo anche un anno, venivano introdotte in Europa, sfruttando la legislazione olandese particolarmente all'avanguardia nel settore dell'assistenza alle vittime della tratta. Giunte ad Amsterdam, presso l'aeroporto di Schiphol, ottenevano asilo politico dichiarando di essere vittime della tratta di persone. Una volta assistite nei centri di accoglienza per stranieri, infatti, le donne entravano in contatto con i referenti locali del network che le munivano di false identità, organizzando il successivo trasferimento in Italia, Francia e Spagna dove venivano fatte prostituire. La maggior parte di loro tentava di sfuggire a una situazione di grave precarietà economica, sperando di trovare all'estero migliori condizioni di vita.

Le indagini, condotte in team con la polizia olandese, hanno documentato lo sfruttamento sessuale in Italia e negli altri Paesi europei di destinazione. Il controllo delle vittime era affidato alle cosiddette 'madames'. A loro il compito, molto spesso, di ordinare l'acquisto di altre giovani donne in Nigeria per conto dell'organizzazione, anticipando le spese di viaggio per circa 10mila euro. Sempre le madames, sorvegliavano le ragazze e le avviavano alla prostituzione, ricorrendo a metodi di coercizione psicologica e morale, tra cui la sottrazione dei documenti d'identificazione personale, la segregazione in case gestite dal gruppo e il ricorso a riti magico-esoterici di natura voodoo. Le giovani erano costrette a pagare per l'utilizzo dell'area sulla quale prostituirsi. Nel corso delle indagini, è stato anche documentato il tentativo compiuto dall'organizzazione di prelevare due bambini da un orfanotrofio nigeriano per affidarli ad una madame in Italia, a Dolo, in provincia di Padova. In un caso è stato accertata una procedura illegale di adozione, con falsi documenti.

La gestione del traffico di droga era affidata a gruppi di connazionali attivi in particolare a Torino, Brescia, Padova, Verona, Roma e Napoli. I proventi della tratta delle donne e dello sfruttamento sessuale tornavano in Nigeria, attraverso corrieri o canali di money transfer, sia per finanziare la stessa filiera, sia per il reinvestimento in altre attività tra cui, soprattutto, il traffico di stupefacenti, spesso gestito dalle stesse organizzazioni che utilizzavano come corrieri le vittime dello sfruttamento sessuale. Nel corso delle indagini sono stati arrestati in flagranza 49 corrieri, con il sequestro totale di 60 chili di eroina e 118 chili di cocaina. Complessivamente, i provvedimenti hanno interessato Campania, Lazio, Piemonte, Emilia Romagna, Umbria e Lombardia; all'estero: Nigeria, Turchia, Bulgaria, Olanda e Colombia. Accertati, in quest'ultimo paese, i collegamenti tra network nigeriani e narcos colombiani. Quindici fornitori, tra colombiani e nigeriani, sono già stati arrestati. E anche il promotore dell'organizzazione sarà raggiunto dal mandato di arresto italiano. Le indagini, ha detto il comandante del Ros, generale Giampaolo Ganzer, sono ancora in corso.

Gli inquirenti parlano di «alto livello organizzativo e di pericolosità» del network. La componente casertana indagata è risultata in contatto con numerose altre cellule di connazionali attive in Turchia, Olanda, Bulgaria, Spagna, Colombia e Perù. Verso la Turchia, in particolare, è stato monitorato un ingente flusso di denaro: attraverso agenzie della Western Union, alcuni indagati pagavano l'eroina con il sistema dei cosiddetti corrieri a pioggia. Il gruppo per eludere i controlli utilizzava cittadini comunitari, spesso di nazionalità bulgara, frazionando le importazioni di droga e utilizzando itinerari sempre diversi. La Turchia era la piattaforma di smistamento dell'eroina destinata in Europa. I magistrati hanno evidenziato un nuovo canale di approvvigionamento dall'Adzerbajan.

Dopo gli arresti del gennaio 2008, il modus operandi emerso è identico: coercizione psicologica sia delle vittime della tratta sia dei corrieri nigeriani, segregazione in alloggi e ricorso a riti voodoo per assoggettare le donne. Ciascun gruppo individuato dai carabinieri è risultato caratterizzato dalla comune provenienza etnico-tribale e da «un'elevata compattezza interna», spesso alla base delle forti conflittualità registrate con gruppi rivali appartenenti alle organizzazioni criminali storicamente radicate nelle province di Napoli e Caserta.

«Si tratta - ha detto il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso - di una operazione che evidenzia la grande pericolosità della criminalità nigeriana che ha dimensioni transnazionali e arriva ad avere collegamenti con i canali di produzione della droga e che ha luoghi per lo stoccaggio in Nigeria».