29 marzo 2024
Aggiornato 09:00

Vaticano denuncia: i Cristiani i più discriminati al mondo

No della Santa Sede a risoluzione contro diffamazione religioni

Città del Vaticano - «La comunità cristiana è la più discriminata nel mondo»: la denuncia arriva da monsignor Silvano Tomasi, osservatore permanente vaticano presso l'ufficio Onu di Ginevra, all'indomani dell'approvazione di una controversa risoluzione sulla diffamazione delle religioni. Presentata dal Pakistan a nome dei Paesi dell'Organizzazione della Conferenza islamica, il testo esprime «profonda preoccupazione» per la frequente diffamazione delle religioni.

Il documento tuttavia nomina solo l'Islam. Contraria alla risoluzione la Santa Sede che ritiene la libertà di espressione strettamente connessa alla libertà religiosa. «Se si comincia ad aprire la porta ad un concetto di diffamazione che si applica alle idee, poi, in qualche modo - spiega monsignor Tomasi alla 'Radio Vaticana' - lo Stato entra a decidere quando si è diffamata una religione o no, e questo, alla fine, tocca la libertà religiosa. Per esempio, il riconoscimento giuridico del concetto astratto di diffamazione della religione può essere utilizzato per giustificare le leggi contro la blasfemia, che sappiamo bene come in alcuni Stati siano utilizzate per attaccare minoranze religiose, in maniera anche violenta.

La sfida - prosegue - è quella di arrivare a trovare un equilibrio sano, che combini la propria libertà con il rispetto dei sentimenti degli altri, e la strada per arrivare a questo obiettivo è quella di accettare i principi fondamentali di libertà, che sono iscritti nei trattati internazionali».

«Se guardiamo la situazione mondiale, vediamo che, di fatto, i cristiani - come varie fonti stanno documentando - prosegue l'osservatore vaticano - sono il gruppo religioso più discriminato; si parla addirittura di più di 200 milioni di cristiani, di una confessione o dell'altra, che si trovano in situazioni di difficoltà, perché ci sono delle strutture legali o delle culture pubbliche che portano, in qualche modo, ad una certa discriminazione nei loro riguardi. Questo è un dato di cui non si parla moltissimo, che però è reale soprattutto se pensiamo agli scoppi di violenza che sono capitati negli ultimi mesi in vari contesti politici e sociali».