28 marzo 2024
Aggiornato 12:30
Il sapore dell’uva

Ecco i risultati dell’indagine internazionale sui pesticidi

Su 124 campioni di uva prelevati in 5 paesi europei solo uno privo di pesticidi 16 principi attivi rilevati in un campione analizzato in Francia

Sono sempre troppo numerosi i pesticidi presenti nei prodotti ortofrutticoli. Lo rivela l’indagine presentata in contemporanea oggi in 5 paesi europei sulla presenza dei pesticidi nell’uva da tavola realizzata dalle organizzazioni afferenti al Pesticide Action Network e Greenpeace Germania, e nel nostro paese promossa e curata da Legambiente.
L'analisi[1], che ha coinvolto i supermercati delle catene Coop, Esselunga, Metro, Lidl e Carrefour in sette regioni (Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Lazio, Campania), nei quali l’uva è stata prelevata nella settimana compresa tra il 9 e il 16 ottobre, permette di confrontare i dati raccolti in Italia, Francia, Olanda, Germania, Ungheria, per un totale di 124 campioni di uva, dei quali 24 prelevati nel nostro paese.

I risultati complessivi (nei 5 paesi) mostrano un solo campione sui 124 analizzati, privo di residui chimici; due campioni contaminati da un pesticida e 121 campioni con residui di due o più principi chimici tra i quali un’uva francese con ben 16 principi attivi. Tra questi, 3 campioni sono risultati fuorilegge secondo la normativa attuale. Sarebbero stati invece ben 37 se questa indagine fosse avvenuta nel 2005: effetto della famosa «armonizzazione» dei limiti imposti nei diversi paesi che, nei fatti, ha determinato un generale innalzamento dei limiti consentiti.
Tra le catene dei supermercati coinvolti, quelle olandesi ottengono i risultati migliori, i tedeschi quelli peggiori e l’Italia si attesta più o meno a metà classifica con luci ed ombre.
Particolare il caso della catena Lidl, unico supermercato presente, e quindi preso in considerazione dall’indagine in tutti e 5 i paesi, che mostra una politica di tipo schizofrenico: attenta in alcuni paesi (Germania e Olanda), lassista in altri, tra cui l'Italia dove l’attenzione ai pesticidi risulta evidentemente minore.

Le analisi effettuate sui campioni prelevati in Italia tornano a confermare i risultati denunciati da Legambiente ogni anno con l’indagine «Pesticidi nel Piatto»: nonostante i passi avanti realizzati dalla nostra agricoltura negli ultimi anni sono ancora troppi i prodotti chimici utilizzati e quindi numerosi i campioni contaminati che, seppur quasi sempre al di sotto dei limiti di legge, destano preoccupazione perché con presenza contemporanea di diversi pesticidi sullo stesso campione.
Delle 24 uva analizzate, tutte risultano contaminate da pesticidi. In totale 31 sono i principi attivi diversi trovati, in misura di 6,6 su ogni campione. Nello specifico, sette campioni sono stati etichettati come «non raccomandabili» e 17 hanno ricevuto l'etichetta di «attenzione». Nessuno ha ricevuto l'etichetta di «raccomandabile»[2].
I campioni prelevati alla Metro in Italia sono risultati mediamente contaminati (etichetta «attenzione»). Alla Esselunga invece sono stati acquistati sia il campione col maggior numero di pesticidi (11 in un campione preso a Milano) che quello segnalato dal laboratorio tedesco incaricato delle analisi dal PAN Europe[3], per l’altissima concentrazione della sostanza Acrinathrin (4 volte oltre il LMR).
Lidl e Carrefour hanno avuto dei risultati piuttosto mediocri, con 2 campioni «non raccomandabili» e 3 «attenzione». Da segnalare però che se in Germania e Paesi Bassi la Lidl ha una politica molto specifica sui residui da pesticidi, secondo la quale tutta la frutta e la verdura possono essere contaminati da pesticidi per un valore pari, al massimo, a un terzo dei limiti previsti per legge, questo principio non è mai stato evidentemente applicato in Italia dove infatti tre dei campioni acquistati mostravano la presenza di pesticidi in percentuale pari al 75% del limite consentito.
Il fatto che solo in un campione di uva prelevato in Italia sia stato rilevato un pesticida (il carbendazim) compreso tra quelli in via di eliminazione secondo il nuovo regolamento europeo in discussione in queste settimane a Bruxelles, dimostra l’ipocrisia della tesi sostenuta da Agropharma e COPA/COGECA (che raggruppa le associazioni di agricoltori) secondo la quale la messa al bando dei pesticidi più pericolosi influirebbe significativamente sull’aumento del caro-vita con crescita praticamente insostenibile dei prezzi dei prodotti ortofrutticoli.
«Una politica veramente corretta nei confronti dei consumatori da parte delle catene della grande distribuzione alimentare – ha dichiarato Francesco Ferrante, responsabile agricoltura di Legambiente - dovrebbe vedere i supermercati quali principali garanti della qualità dei prodotti in commercio. Dovrebbero essere loro infatti, i principali interessati a non esporre negli scaffali prodotti che contengono residui chimici oltre la soglia consentita o residui di sostanze addirittura proibite. La nostra battaglia, in tutte le sedi, sarà quella per veder adeguare la nostra legislazione in materia (ferma da oltre 30 anni) affinché venga correttamente considerato il problema del multiresiduo di principi chimici su un singolo prodotto, i cui effetti sinergici e a lungo termine non sono stati ancora valutati».

Legambiente in accordo con tutte le associazioni europee aderenti al PAN nei rispettivi paesi, chiede all’Italia di dotarsi di un piano nazionale per l'uso dei pesticidi che si ponga obiettivi chiari e definiti, a partire dalla diminuzione di almeno il 50% dell'uso di pesticidi in 10 anni. Il Governo italiano insieme a tutti gli altri governi dell'UE dovrebbero poi garantire che i pesticidi cancerogeni, mutageni, tossici per l'apparato riproduttivo e per lo sviluppo del feto e dannosi per il sistema endocrino siano tolti dal mercato e che non vengano più concesse nuove autorizzazioni per questo tipo di prodotti.