29 marzo 2024
Aggiornato 06:00
+42% investimenti

In Italia cresce il potenziale d'innovazione

Durante l’anno il nostro Paese non ha mai registrato segno negativo in termini di potenziale di crescita, ma per essere veramente competitivo deve andare incontro a uno slancio più deciso

In Italia cresce il potenziale d'innovazione
In Italia cresce il potenziale d'innovazione Foto: Shutterstock

MILANO - Risaliamo la china. Come abili scalatori procediamo, seppur lentamente, verso la cima della montagna. Del resto, qui in Italia, abbiamo catene montuose che ci invidiano in tutto il mondo no? Perché andare a scalare (con la nostra impresa) all’estero? E, in effetti, i segnali ci sono. Lo confermano i dati e lo confermano i numeri in un bilancio che ha il segno più e la spunta verde. Troppo entusiasmo? No, non esattamente.

L’Italia ha un buon potenziale d’innovazione
Per il potenziale d’innovazione italiano, il 2016 è stato un anno complessivamente positivo. L’ultima release dell’Assirm Innovation Index – il primo indicatore made in Italy che misura la capacità di un Paese di promuovere e generare innovazione, ideato da Assirm, l’Associazione delle aziende di ricerche di mercato, sondaggi di opinione e ricerca sociale – non solo segna uno stacco in positivo rispetto ai dati dell’ultimo trimestre (+0,2), ma evidenzia una generale spinta innovativa intrapresa dal nostro Paese a partire dalla fine 2015, culminata in un +1,1 rispetto all’apertura dell’anno. Mai essere troppo precipitosi, però. Sebbene l’Italia abbia chiuso il 2016 senza mai registrare un indice negativo, occorre mettere un freno a facili entusiasmi. La crescita della dinamica d’innovazione sembra infatti procedere timidamente e a rilento, specialmente se confrontata a quella di altri Paesi Europei.

Cosa succede in Europa
Analizzando il trend europeo degli ultimi quattro trimestri, è possibile notare come il Portogallo, che ha chiuso il 2016 registrando un +4,3, sia il Paese che nel corso del 2016 ha mostrato in assoluto il maggior slancio in termini di potenziale d’innovazione. La Grecia, pur essendo l’unico Paese ad aver concluso l’anno con indice negativo (-0,9) – occupando così l’ultima posizione in classifica – inizia a mostrare segnali di lenta ripresa già a partire dalla metà del 2016. Riuscirà nel corso del 2017 a invertire definitivamente la sua rotta di marcia? Per chiudere la panoramica, è interessante notare che il Regno Unito, dopo la Grecia, è il Paese che nel 2016 ha mostrato maggiori incertezze in termini di dinamica d’innovazione, complici forse i recenti avvenimenti politici legati alla Brexit. In Italia, la necessità di tenere sotto controllo i conti pubblici e la difficoltà a reindirizzare le risorse statali rendono difficile dare spazio agli investimenti, compresi quelli nell’innovazione. Per quanto riguarda i privati, invece, non sembra ancora esserci la piena consapevolezza, che la loro competitività passi per questa strada. Questo stato di cose può spiegare quella lentezza nell’aumento dell’indice che viene segnalata. Il permanere di questa situazione rischia, purtroppo, di aprire prospettive future negative, però.

Come stiamo a investimenti?
I numeri sugli investimenti, tuttavia, fanno presagire che l’Italia ha voglia di correre. Nei primi 3 mesi del 2017 sono stati investiti 38 milioni in startup italiane. Che diventano 38,7 se si considerano le principali campagne di equity crowdfunding fatte in questo trimestre. Rispetto all’anno scorso stiamo parlando di una crescita pari al 42% per ben 24 investimenti fatti. La media si attesta a 1,4 milioni per investimento, anche se pesano sul bilancio i 10 milioni ottenuti dal marketplace MotorK e i 4,5 milioni ottenuti da Fazland. Una crescita molto positiva che elettrizza gli animi degli imprenditori italiani, sempre che non si guardi oltre il proprio giardino. Rispetto all’Europa, anche a livello di investimenti, sembriamo ancora devi veri poppanti. A fronte dei 180 milioni investiti nel 2016 in Italia, il Regno Unito aveva investito 7,8 miliardi mentre la Francia 2,7 miliardi. Non male, no?