24 aprile 2024
Aggiornato 15:00
fare startup

«Tanto prima o poi ti schianti», come trasformare gli insuccessi in opportunità

Durante il percorso imprenditoriale saranno numerose le volte in cui il progetto fallirà, per i motivi più disparati. Ecco alcuni consigli per imprare a gestire gli insuccessi

TORINO - Quando parli con startupper, investitori e imprenditori di vario genere te lo dicono tutti: tanto, prima o poi, ti schianterai. Schianterai che nel gergo startupparo sta a significare fallimento. Dall’idea al mercato la strada è lunga. Il percorso è tortuoso. Ci sono i dati e i trend con i quali fare i conti, dati che non ti saresti mai aspettato e, magari, un target di clienti che non avevi previsto. Ed ecco che, in qualche modo, la tua idea si rivoluziona, una parte di essa muore e la devi adattare. Sempre che tu voglia stare sul carro dei papabili vincitori. I fallimenti vanno trasformati in opportunità creative, per sopravvivere.

Condividi il fallimento
C’è una frase che mi ha colpito molto ed è quella detta da Michael Jordan, uno dei più più grandi giocatori di basket di tutti i tempi: «Nella mia vita ho sbagliato più di novemila tiri, ho perso quasi trecento partite, ventisei volte i miei compagni mi hanno affidato il tiro decisivo e io l’ho sbagliato. Ho fallito molte volte. Ed è per questo che, alla fine, ho vinto tutto». E ciò che ha reso grande lui, come molte aziende innovative, è proprio la capacità di gestire l’insuccesso, di farne tesoro e lasciarselo alle spalle. E di condividerlo. Se vuoi costruire un’azienda innovativa, aperta al cambiamento dedica qualche minuto, ogni settimana, per condividere e «rielaborare» serenamente gli errori delle persone che lavorano con te. «Perché si è verificato questo errore?», «Come possiamo reagire, la prossima volta, in situazioni simili?». Meno capri espiatori e più proposte concrete.

I fallimenti intelligenti sono proficui
«Falliremo miserabilmente, ma lo abbiamo previsto e abbiamo pianificato di sopravvivere ogni volta. E’ nel nostro DNA». Parola di Daniel Cook, Chief Creative Officer di Spry Fox, azienda di videogame di Seattle. Un concetto che ci fa capire quanto sia importante essere preparati a un passaggio che avverrà al 99,9% dei casi, se non al 100%. Del resto fallire significa aver rischiato e quando si tratta di fallimenti intelligenti, che avvengono in modo veloce e basso costo, questi portano spesso a nuove intuizioni riguardo prodotti o clienti. Come riconoscere i fallimenti intelligenti? La risposta l’ha data Amy Edmondson, nel suo articolo sull’Harvard Business Review «Strategies for Learning from Failure», secondo cui ci sono tre categorie di errori: «Quelli evitabili nelle attività prevedibili, che di solito riguardano deviazioni dalle disposizioni; quelli inevitabili nei sistemi complessi, che possono derivare da combinazioni uniche di bisogni, persone e problemi, e, infine, quelli intelligenti alla frontiera, dove fallimenti «buoni» si verificano rapidamente e su una piccola scala, fornendo le informazioni più preziose».

La perseveranza
«Ogni imprenditore – confessa Richard Branson, fondatore del Virgin Group – fallisce numerose volte prima di avere successo: la cosa più importante è continuare a rialzarsi e provare di nuovo». Il concetto che sta alla base di questo meccanismo è, sicuramente, la perseveranza, la capacità di reagire all’insuccesso trasformandolo in una opportunità per continuare il progetto in una direzione diversa da quella che si riteneva funzionare. In questa ottica è importante, durante il percorso imprenditoriale, farsi alcune domande molto importanti: «Dove potrebbe condurmi questo insuccesso?», «Qyal’è la mia visione, il mio sogno che tiene acceso il mio entusiasmo?», «Quali nuovi orizzonti di ricerca o di sviluppo potrebbero originarsi da questo fallimento?». Ciò che è importante considerare è che non è detto che un progetto, se ha fallito da qualche parte, non funzioni. Forse i clienti sono altri, forse è sbagliato il tempo e le modalità. Mai mai mollare se ci si crede fino in fondo.