25 aprile 2024
Aggiornato 03:30
Un bacio attraverso lo schermo

Il matrimonio nell'era digitale

Nell'era internet anche due persone ai capi opposti del globo possono utilizzare il programma video chat di Skype per unire i loro cuori, come hanno fatto Ms. Chowdury, una cittadina americana, da una moschea di Jackson Height, nei Queens, e il suo prescelto, Tanvir Ahmmed, nella sua camera da pranzo in Bangladesh alla presenza di un giudice

RANGOON - Matrimonio civile, gay, religioso, forzato, combinato e riparatore. C'è anche la categoria matrimonio a distanza, in cui ormai rientra a pieno titolo il matrimonio virtuale. Nell'era internet anche due persone ai capi opposti del globo possono utilizzare il programma video chat di Skype per unire i loro cuori, come hanno fatto Ms. Chowdury, una cittadina americana, da una moschea di Jackson Height, nei Queens, e il suo prescelto, Tanvir Ahmmed, nella sua camera da pranzo in Bangladesh alla presenza di un giudice. La felice coppia - come riportato in un lungo articolo dal New York Times - non solo si è incontrata su internet, ma sul web ha pronunciato anche il fatidico sì sul web.

L'ESEMPIO AMERICANO - Tecnicamente il matrimonio Chowdhury-Ahmmed si è svolto in Bangladesh, dove è stato registrato legalmente, e non nello stato di New York dove questa procedura non è consentita. Solo pochi stati americani autorizzano i matrimoni a distanza, generalmente a condizione che uno dei due contraenti sia un militare. Ma gli Stati uniti generalmente risconoscono i matrimoni stranieri fin tanto che sono celebrati all'estero e non violino alcuna legge locale.
George Andrews, manager di «Proxy Marriage Now» una compagnia che fornisce il supporto logistico e tecnologico per questi matrimoni, «worldwide» ha detto che gli affari della società, fondata sette anni fa, sono aumentati del 12-15% ogni anno: attualmente celebrano 400-500 matrimonio l'anno, soprattutto fra militari, nelle cui file sono aumentati del 40%. Ma al matrimonio a distanza fanno ricorso sempre più di frequente le comunità degli immigrati, anche per evitare dispendiose spese per i viaggi all'estero dei familiari.