18 aprile 2024
Aggiornato 11:30
Lunedì 8 marzo alle ore 15 al Polo Zanotto

Donne e scienza, Ipazia e le altre

Incontro con Gemma Beretta e Margherita Hack sul mondo della scienza visto attraverso l’occhio delle donne

VERONA - Dalla seduzione di Cleopatra alla poesia di Saffo, sino agli intrighi di corte di Paolina Bonaparte, le donne del passato hanno spesso fatto parlare di sé per il loro fascino e le loro conquiste sentimentali. Non sono invece molte le donne che hanno avuto la possibilità di distinguersi per la loro intelligenza e, soprattutto per il loro contributo in termini di risultati scientifici. Pochi conoscono la storia di Ipazia d’Alessandria, la prima matematica della storia. A lei è dedicato l’incontro che si terrà lunedì 8 marzo, nel giorno della festa della donna, alle 15 nell’aula T2 del Polo Zanotto e che vedrà l’intervento di Gemma Beretta, autrice della biografia storica «Ipazia d’Alessandria», e l’astrofisica Margherita Hack. L'evento è organizzato dal Comitato Pari opportunità di ateneo guidato da Elda Baggio in collaborazione con il gruppo «Le radici dei diritti» e alcuni istituti scolastici del territorio.

Chi è Ipazia
Ipazia nacque ad Alessandria d’Egitto nel IV secolo. È ritenuta la più famosa tra le scienziate dell’antichità. Maestra di filosofia, di astronomia e di matematica, figlia del filosofo Teone, fu da lui educata con il fine di farla diventare «un essere umano perfetto».
Ipazia si recò a studiare a Roma e ad Atene e fu apprezzata per la propria intelligenza. La sua casa diventò un importante centro di cultura ed essendo pagana fu considerata eretica dai cristiani. L’Impero Romano in quel periodo si stava convertendo al Cristianesimo e quando ad Alessandria, nel 412, diventò vescovo Cirillo, Ipazia si rifiutò di aderire alla religione cristiana. I suoi princìpi si basavano infatti sul concetto di libertà di pensiero. Apparteneva alla corrente neoplatonica e in quegli anni operava nella leggendaria Biblioteca di Alessandria; un’istituzione paragonabile a una moderna Accademia di livello universitario.
L’8 marzo dell’anno 413 d.C. Ipazia venne uccisa da monaci fanatici, su ordine del vescovo Cirillo di Alessandria. Le tolsero gli occhi quando era ancora viva e il suo corpo fu fatto a pezzi e bruciato. Dopo la sua morte, la scuola di Ipazia in Alessandria si disperse e il suo sapere passò alle istituzioni ecclesiastiche.
È stata l’unica matematica donna per più di un millennio. Ma Ipazia fu anche filosofa molto apprezzata; I primi ad occuparsi di lei furono i due storici della Chiesa: Socrate Scolastico e Filostorgio. Socrate scrisse: «Ella giunse ad un tale grado di cultura, che superò di gran lunga tutti i filosofi suoi contemporanei. A causa della sua straordinaria saggezza, tutti la rispettavano profondamente e provavano verso di lei un timore reverenziale».
Socrate Scolastico parla di lei come della terza caposcuola del Platonismo, dopo Platone e Plotino. Pallada poi, in un epigramma, tesse uno degli elogi più belli di Ipazia.

«Quando ti vedo mi prostro,
davanti a te e alle tue parole,
vedendo la casa astrale della Vergine,
infatti verso il cielo è rivolto ogni tuo atto
Ipazia sacra, bellezza delle parole,
astro incontaminato della sapiente cultura».

Come nota Gemma Beretta è nel terzo verso che si concentra tutto il senso dell’attività di Ipazia: «Verso il cielo è rivolto ogni tuo atto, ad indicare da un lato l’amore per l’astronomia, dall’altro la tensione filosofica. Ipazia insegnava ad entrare dentro di sé (l’intelletto) guardando fuori (la volta stellata) e mostrava come procedere in questo cammino con il rigore proprio della geometria e dell’aritmetica che, tenute l’una insieme all’altra, costituivano l’inflessibile canone di verità. Come lei molte hanno dovuto pagare con la vita questa loro passione; una donna che con le sue ricerche potesse superare o peggio smentire i risultati ottenuto dai colleghi maschi, era ritenuta una presuntuosa da relegare in un angolo».