28 agosto 2025
Aggiornato 03:00

Clima: Pechino pronta ad accordo sul dopo-Kyoto

Lo sostiene il ministro Gb al cambiamento climatico

PECHINO - La Cina è pronta ad abbandonare le sue resistenze a ridurre le emissioni di Co2 e vuole raggiungere un accordo internazionale per combattere il riscaldamento globale. La svolta di Pechino viene rivelata al quotidiano britannico The Guardian dal ministro per il cambiamento climatico di Londra Ed Miliband, che ha incontrato rappresentanti di alto livello del governo cinese nei giorni scorsi e dice al Guardian che la Cina è pronta a «fare affari» con i paesi sviluppati per raggiungere un accordo che sostituisca il trattato di Kyoto. Miliband dice di essere incoraggiato dal diverso tono della leadership del paese che emette più gas serra di qualunque altro al mondo. «Penso che siano pronti a un accordo. Ho avuto la chiara impressione che puntino a un'intesa» ha detto Miliband al Guardian. «Vedono l'impatto del cambiamento climatico sulla Cina, sanno che il mondo va verso un'economia a bassa CO2 e vedono le opportunità di business che ne derivano» ha aggiunto il ministro.

Con la disponibilità cinese crescono significativamente le chances di avere un accordo al summit Onu di Copenhagen a dicembre, quando i leader di tutto il mondo si incontreranno per negoziare un intesa che secondo gli scienziati sarà cruciale per evitare il riscaldamento globale.

Se l'Europa, che storicamente ha una grossa responsabilità nella crescita delle emissioni di gas serra, si è già fissata obiettivi ambiziosi di riduzione della Co2, un accordo a Copenhagen non sarà possibile senza la partecipazione di Cina e Usa, responsabili di oltre 40% delle emissioni annue mondiali di di gas serra. La posizione ufficiale di Pechino resta invariata, ma il governo starebbe preparando una serie di obiettivi al 2020 e oltre per ridurre l'«intensità di carbonio» del paese, cioè la quantità di Co2 prodotta in rapporto alla crescita dell'economia. Per Miliband, la proposta del presidente Usa Barack Obama di ridurre le emissioni di Co2 degli Stati Uniti ai livelli del 1990 entro il 2020 ha sbloccato il negoziato internazionale. «Pechino ha sempre pensato che i paesi sviluppati non facessero sul serio. E' quello che hanno sostenuto ai negoziati Onu di dicembre» spiega il ministro Gb. «Ma ora sanno che gli Usa sono pronti a impegnarsi e questo fa la vera differenza».

Ad aprile, Su Wei, un negoziatore di alto livello sul clima di Pechino, aveva detto sempre al Guardian che gli Usa hanno intrapreso «un cambiamento sostanziale» sotto l'amministrazione Obama. «Il messaggio che abbiamo ricevuto è che l'attuale amministrazione americana prende sul serio il cambiamento climatico, che riconosce le sue responsabilità storiche e che è in grado di aiutare i paesi in via di sviluppo ad affrontare il cambiamento climatico» aveva detto Su.

Ma se il tono è cambiato la strada per l'accordo resta lunga. La Cina vuole che i paesi industrializzati adottino target di taglio della Co2 più ambiziosi, che mettano a disposizione degli altri le tecnologie anti-emissioni e che venga istituito un fondo Onu per l'acquisto dei diritti di proprietà intellettuale delle tecnologie, in modo che possano essere utilizzate in tutto il mondo. La posizione di Pechino è complicata dal fatto che possiede già una larga fetta dei diritti su energia solare ed eolica nei paesi industrializzati.

Europa e Usa accettano che l'economia cinese debba crescere ancora, in modo da migliorare gli standard di vita di milioni di poveri che vivono nel paese, prima di un taglio delle emissioni complessive. Invece le nazioni occidentali premono per un miglioramento dell'efficienza ambientale e per limiti alle emissioni di alcuni settori industriali. Il governo cinese starebbe pensando alla possibilità di istituire un obiettivo di intensità di carbonio al 2040, che includa l'efficienza energetica, l'uso di energie rinnovabili, i trasporti e la riforestazione. «Sarebbe davvero benvenuto se la Cina prendesse un impegno sull'intensità di carbonio» dice Miliband. «Manderebbe un segnale in tutto il mondo».