29 marzo 2024
Aggiornato 16:30
Tunisia

«Ho perso mio figlio, ma sono fiera di ciò che ha fatto»

Parla la madre dell'ambulante che si è dato fuoco, innescando la rivolta nel paese

ROMA - «Ho perso un figlio, ma guardate cosa sta succedendo, quanta gente adesso reagisce». La madre di Mohamed Bouazizi - il giovane ambulante che si è dato fuoco a metà dicembre innescando la rivolta in Tunisia - non nasconde il suo orgoglio per il ruolo del figlio nella caduta del regime di Ben Ali.
Mohamed aveva perso la sua terra, la sua vita, era stato umiliato dagli amministratori locali. Il suo grido di disperazione, emulato poi in Algeria e in Egitto e divenuto simbolo dell'ingiustizia e dell'oppressione, era rimasto inascoltato dalle banche e dalle autorità locali, denuncia la famiglia: «E' stato il governo a spingerlo a fare quello che ha fatto, non gli è mai stata data una possibilità». «Noi siamo poveri e loro pensavano che non avevamo alcun potere», spiega la madre in un'intervista all'Independent.

«E' sempre stato tutto difficile. Ma la cosa peggiore è stato quello che è successo con il nostro pezzo di terra - racconta la donna - Vi coltivavamo olivi e mandorli e ci ha sempre fatto guadagnare un po' denaro. Poi le cose hanno cominciato ad andare male per tante persone, i salari sono diminuiti e la banca ci ha sequestrato la terra. Io sono andata a protestare assieme a Mohammed, ci siamo rivolti alla banca, al governatore, ma nessuno ci ha ascoltato. Altre famiglie avevano il nostro stesso problema, ma ci hanno semplicemente ignorato».

«Qui siamo tutti esasperati - spiega un vicino di casa del giovane - ma Mohamed ha fatto qualcosa che ha obbligato la gente a tenerne conto»: dopo il suo gesto, sindacati, avvocati, dottori e tanti settori della società civile si sono mobilitati e hanno dato vita alla rivolta, ma per dieci giorni questa è stata solo a Sidi Bouzid, senza alcun sostegno da fuori.
Da allora la Tunisia è cambiata, il presidente Ben Ali obbligato a lasciare il Paese: ogni giorno il nome di Mohamed Bouazizi risuona nelle piazze di Tunisi, scandito a gran voce dai manifestanti, e rimbalza nel silenzio delle pagine di Facebook e di Titter.