28 agosto 2025
Aggiornato 08:00
Rapporto ONU

8 marzo, in Asia-Pacifico ancora forte discriminazione

La crescita economica non ha favorito uguaglianza

NUOVA DELHI - La diseguaglianza fra uomo e donna nei Paesi dell'Asia-Pacifico è tra i più forti al mondo: questo il risultato di un rapporto del Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo (Pnud) pubblicato in occasione della Giornata Mondiale della Donna.

La forte crescita economica della regione non ha portato progressi nel campo dell'uguaglianza, anzi in alcuni casi è stata dannosa; ad esempio i progressi medici hanno permesso di accertare in anticipo il sesso dei nascituri, aggravando il fenomeno degli aborti femminili: il rapporto fra neonati maschi e femmine è di 199 a 100. I circa 100 milioni di «donne mancanti» - fenomeno dovuto non solo agli aborti a anche a maltrattamenti, abusi o negligenza - riguardano soprattutto India e Cina.

Pochi Paesi inoltre hanno adottato delle leggi contro le violenze femminili, e oltre il 50% non possiede alcuna legislazione riguardo alla violenza domestica; partcolarmente grave è la discriminazione in materia di proprietà: solo il 7% delle donne risulta proprietaria di una fattoria (contro una media mondiale del 20%) malgrado siano proprio le donne a svolgere la maggior parte dei lavori agricoli.

Per quel che riguarda il mondo del lavoro, non esiste alcuna uguaglianza, compreso il settore cinematografico: le donne guadagnano in media dal 54% al 90% in meno rispetto ai colleghi maschi e nell'Asia meridionale l'85% delle donne vive grazie a posti di lavoro «vulnerabili», spesso nell'economia sommersa. Tutto ciò ha un costo, conclude il rapporto: se il tasso di occupazione femminile salisse al 70% Paesi come India, Malaysia e Indonesia vedrebbero il proprio Pil aumentare del 4%.