L'addio a Ted Kennedy, «campione dei poveri»
Da Obama anche un appello alla politica bipartisan
BOSTON - L'America ha detto addio a Ted Kennedy: il patriarca del clan, il «Big Cheese» (scherzosamente tradotto «Grand Fromage» dalla famiglia in ossequio alla sua francofilia), è stato salutato dall'amico e presidente Barack Obama nella Basilica della Nostra Signora del Perpetuo Soccorso prima dell'inumazione nel cimitero militare di Arlington, accanto ai fratelli John e Robert.
A unirsi alla famiglia, a Obama e ai quasi 1.500 invitati vi erano gli ex Presidenti George W. Bush, Bill Clinton e Jimmy Carter, assieme a 58 membri del Senato americano, 21 ex senatori e Stephen Breyer, della Corte suprema di giustizia ed ex consigliere di Kennedy; presente anche Sarah Brown, moglie del premier britannico Gordon.
Il feretro, avvolto nella bandiera statunitense, è stato accolto da un picchetto d'onore formato da otto soldati delle varie armi, che lo ha trasportato all'interno della basilica. In prima fila, oltre ai familiari, il presidente Obama e la First Lady Michelle, con accanto il vicepresidente Joe Biden e la moglie Jill, e Rosalynnn e Jimmy Carter; dietro di loro Bill e Hillary Clinton e George W. Bush, accompagnato dalla moglie Laura.
Prima dell'eulogia di Obama è toccato al figlio Ted jr ricordare commossos il padre: «Mi chiamo Ted Kennedy, condivido questo nome con mio padre e con mio figlio: non è sempre stato facile da portare, ma non ne sono mai andato così fiero come oggi».
«Un irlandese, orgoglioso di far parte del Partito democratico», lo ha definito Ted Jr, che ha ricordato come il padre gli abbia insegnato une delle «lezioni più difficili del mondo: come amare i Repubblicani», frase che ha strappato un sorriso anche a George W. Bush. «Aveva ancora del lavoro da fare, come lui stesso aveva detto: il lavoro continua, la causa rimane, la speranza non morirà mai», ha concluso Ted Jr.
Infine è stato il turno del Presidente, alla cui vittoria alle primarie Kennedy - pur amico del clan Clinton - diede la spinta forse decisiva: «Non fu il campione di coloro dotati di ricchezza, potere, o amicizie altolocate: ma di coloro che non potevano far sentire la loro voce».
Obama ha salutato un «l'anima del Partito Democratico, il leone del Senato; un collega, mentore ma soprattutto un amico», ricordando i numerosi lutti che ne hanno costellato la vita e colpito al famiglia: «Sarebbe stato facile arrendersi e ritirarsi a vita privata, ma non lo fece: come lui stesso disse, i difetti e le fragilità individuali non sono una scusa per rinunciare, un'esenzione dal dovere comune di darsi».
Il Presidente ha ricordato alcune delle leggi il cui passaggio Kennedy contribuì in modo decisivo, ma ha soprattutto sottolineato il suo appartenere a una generazione e a un tempo in cui «la nobiltà della politica impediva alle divergenze di partito o di pensiero di ergersi a barriera per la cooperazione o per il rispetto reciproco; un'epoca in cui gli avversari si consideravano reciprocamente patrioti», lavorando per un compromesso e per una causa comune. Un appello a un approccio bipartisan non certo casuale mentre è in discussione una contestata riforma della sanità pubblica di cui Kennedy era uno dei sostenitori.
«Gli venne dato più tempo rispetto ai suoi fratelli (John e Robert, ndr), e lo usò per rimediare a tutti i torti nella misura in cui gli fu possibile», ha concluso Obama, sottolineando come Kennedy abbia dedicato la sua vita alla politica superando il dolore e le avversità «non per ambizione di potere, ma per il popolo e il Paese che amiamo».
La cerimonia funebre ha radunato a Boston il più robusto apparato di sicurezza mai visto nella città del Massachusetts: lo ha affermato il capo della polizia locale, Ed Davis, comunicando che negli ultimi tre giorni si è registrato un unico arresto. Secondo Davis l'unico evento paragonabile è la convention del Partito Democratico del 2004, per la cui organizzazione ci vollero 18 mesi; il comune di Boston non ha resa nota la stima dei costi della sicurezza.