19 aprile 2024
Aggiornato 20:30
Cronache dalla Biennale

L'esperimento musicale di Xavier Veilhan

«Studio Venezia», curato da Lionel Bovier e Christian Marclay, è un progetto molteplice e in costante definizione che produce arte nel senso più ricco della parola, partendo da diverse pratiche.

VENEZIA - Un luogo, una soglia, una moltiplicazione di possibilità espressive. Per la 57esima Biennale d'arte di Venezia la Francia ha affidato il proprio padiglione nazionale a Xavier Veilhan, che, senza interventi all'esterno dell'edificio neoclassico, ne ha però completamente ricostruito l'interno, dal pavimento alla volta del soffitto, per trasformarlo in uno spazio architettonico dedicato a ospitare performance musicali. «Studio Venezia», curato da Lionel Bovier e Christian Marclay, è un progetto molteplice e in costante definizione che produce arte nel senso più ricco della parola, partendo da diverse pratiche.
«Sono interessato a queste combinazioni - ha detto Veilhan ad askanews - perché l'architettura può essere un limite per l'arte, la musica può essere un altro limite, ma all'interno di questi limiti qualcosa può esistere, qualcosa di diverso dalla semplice arte visiva. Non si tratta di aggiungere campi diversi, ma di moltiplicarli: il suono fornisce una particolare dimensione che non può essere raggiunta solo con la componente visuale».

In linea anche con la vocazione del curatore Marclay, Xavier Veilhan esplora, citando come ispirazione il lavoro di Kurt Schwitters, la forma mentale del collage, in questo caso però sulla misura di uno spazio architettonico e con la partecipazione dei molti artisti che si esibiranno in questo particolarissimo studio nell'arco dei 173 giorni feriali della Biennale, spaziando attraverso i più disparati generi musicali.
«E' un collage - ha aggiunto Veilhan - ma alcuni collage non stanno bene insieme... Il mio obiettivo è farlo accadere sul serio, non solo come una aspirazione, ma come qualcosa che le persone sperimentano davvero quando entrano nel padiglione».

Spirito di collaborazione, dunque, e anche una impossibilità di definire a priori quello che accadrà nel padiglione francese nei prossimi mesi. Ma pure una vocazione congenita al coinvolgimento del pubblico, in perfetta sintonia con l'attitudine di fondo della mostra internazionale curata da Christine Macel.
«Io ho sviluppato il concept del padiglione prima che Christine presentasse il suo progetto - ha concluso l'artista francese - ma ci siamo parlati e ci siamo sorpresi di quanto fossimo sulla stessa lunghezza d'onda. E' successo per caso, o forse perché era nell'aria».
E a Venezia, nei giorni della Biennale, possiamo confermare che l'aria in effetti è piuttosto interessante.