24 marzo 2025
Aggiornato 18:30
Nella Giornata mondiale per i Diritti umani

“La nostra città”, Caffè San Marco gremito contro l’amministrazione Dipiazza

Una lettera aperta e una petizione contro regolamenti che “incitano all’odio verso i più deboli”. Tra i firmatari, don Mario Vatta, Paolo Rumiz, Daniela Luchetta e Marco Coslovich

TRIESTE - «Una città che perde il carattere di ‘città aperta a tutti’ non è una città». Così ha dichiarato Silvano Magnelli introducendo la petizione ‘La nostra città’ al Caffè San Marco, nel pomeriggio del 10 dicembre. Una lettera aperta contro gli ultimi provvedimenti dell’amministrazione Dipiazza, attualmente i firmatari sono oltre 220 e includono Paolo Rumiz, don Mario Vatta, Daniela Luchetta, Fulvio Camerini, Marco Coslovich e Gianfranco Schiavone dell’Ics. L’incontro ha visto la sala dello storico caffè gremita di persone, molte delle quali facenti parte di organizzazioni di volontariato.
«Le cose non si risolvono spostando la gente e riverniciando i muri – ha dichiarato Magnelli – Questa città è di tutti, anche degli immigrati e dei senzatetto, che hanno bisogno di assistenza. Il sindaco e la giunta hanno una visione d’insieme ristretta ed escludente, che ci sta escludendo dal futuro»

La lettera aperta
Così annuncia il documento ufficiale: «Non passa settimana senza che venga emessa qualche ordinanza ostile a presenze ritenute inguardabili e inaccettabili, e indisponibile a chi è nel bisogno come i senza fissa dimora, fatti sgomberare senza alternative. Oppure la tentata non concessione di piazza Unità per ricordare le vergognose leggi razziali lì annunciate. E poi la rimozione dello striscione per Giulio Regeni con grande indignazione di tutta Italia, il ritiro dei fondi comunali dall’assistenza dei minori stranieri, l’esclusione dei cibi etnici negli asili e infine la perla del divieto di fare l’elemosina».

La giornata internazionale per i diritti umani
«Abbiamo scelto la data del 10 dicembre in quanto Giornata mondiale per i Diritti umani – ha precisato poi Schiavone – che esistono per tutelare i più deboli, non i più forti. La dichiarazione dei diritti viene violata quotidianamente in tutto il mondo, dove stanno avendo luogo ben 35 guerre, che generano vittime e flussi migratori. A Trieste è in atto un ribaltamento culturale in cui le vittime diventano i colpevoli, la gente viene incitata ad affrontare la crisi economica aggredendo chi è in una posizione sociale inferiore, stigmatizzzando i più poveri. Si dovrebbe invece – conclude Schiavone – ricorrere agli strumenti positivi della politica per generare uguaglianza sociale».
Sono stati poi citati i fatti di Aquilinia, equiparati allo squadrismo fascista e visti come possibile focolaio di odio razziale condiviso.

Interventi dei volontari
Sono infine intervenuti i membri delle associazioni volontarie, tra cui un’insegnante, che ha parlato dell’eliminazione del cibo etnico dalle mense dichiarando che il provvedimento è stato calato dall’alto, senza alcuna connessione tra il Comune e la scuola e senza alcun contatto con gli insegnanti. Hanno parlato anche due membri del Sindacato di Polizia impegnati nel volontariato, che hanno condiviso la loro testimonianza sullo stato della sicurezza in città: «Trieste rimane la città sicura che è sempre stata, non c’è un allarme effettivo e la criminalità non ha subito alcuna impennata. Se l’amministrazione comunale è riuscita a montare questo clima di odio sul nulla, immaginatevi cosa potrebbe creare di fronte a un inizio di emergenza».