28 marzo 2024
Aggiornato 22:30
Un’istituzione in decadenza

Masč sotto inchiesta per scorrettezze fallimentari

Ritardo doloso e “correzione” dei bilanci, per ottenere ingiusto profitto secondo le accuse. Lo storico salumificio sarą presto rilevato dalla friulana Bts

TRIESTE - Ritardo doloso del fallimento e dichiarazioni fittizie sui bilanci. Questi i capi d’imputazione (riportati dal ‘Piccolo’), per A. M., amministratore del salumificio triestino Masè, che avrebbe  dichiarato dati falsi (come costi di ricerca e sviluppo) nella redazione dei bilanci dal 2009 in poi, per un valore di svariati milioni di Euro.  La pena ammonta a un anno e mezzo di reclusione, ma al momento è sospesa e pende una richiesta di patteggiamento da parte della difesa.

Ingiusto profitto
Secondo il Pm, inoltre, ritardando la richiesta di fallimento, l’azienda avrebbe goduto di un ingiusto profitto. Il suddetto fallimento è stato dichiarato nel 2013, con un passivo intorno alla decina di milioni di Euro, tra debiti con le banche, coi fornitori e col fisco. Una situazione disastrosa, come dichiarato dal curatore fallimentare e per cui è stato necessario il sequestro di una proprietà privata dell’amministratore a Trento, già ipotecata nel 2010 alle prime avvisaglie del crac.

Il ‘salvataggio’ della Bts
Era poi subentrata l’azienda friulana Bts a rilevare con un affitto la catena di salumerie, e con l’impegno di riassorbire l’80 percento dei dipendenti sotto l’amministrazione di Dino Fabbro, prima proprietario di alcune filiali dei supermercati Di Meglio in regione.
Si attendono ora gli esiti del processo, programmato per venerdì 18.