2 ottobre 2025
Aggiornato 05:30
Raffaele Guariniello in radio

Guariniello rivela: «Mi volevano sindaco di Torino, ma non ho accettato. E la Raggi…»

Il magistrato che ha lasciato il suo ufficio nel Palazzo di Giustizia di Torino lo scorso gennaio è tornato a parlare. Lo ha fatto nel programma radiofonico “Un giorno da pecora” di Radio Rai 1

TORINO - E’ in pensione da pubblico ministero da quasi un anno e mezzo, eppure il suo nome riecheggia ancora forte tra le mura del Tribunale di Torino. Raffaele Guariniello oggi fa l’avvocato, lontano da telecamere e titoli sui giornali. Almeno fino a oggi. Sì, perché è stato ospite del programma radiofonico «Un giorno da pecora» di Radio Rai 1 e ha risposto alle domande dei presentatori Giorgio Lauro e Geppi Cucciari rivelando particolari non da poco. Come il suo plurimo «no» alla politica e a ruoli di primo piano. «Più volte mi hanno chiesto di candidarmi», ha detto, «mi chiesero anche di fare il sindaco di Torino, mi pare fosse il Partito Democratico della Sinistra quando Veltroni era segretario. Dissi che ci avrei pensato ma non se ne fece nulla. Io sono dell’idea che un magistrato non possa fare il politico. E se lo fai poi non puoi tornare in magistratura».

L’ultima offerta da Virginia Raggi
Se per la proposta di candidarsi sindaco di Torino bisogna tornare indietro di qualche anno, servono solo pochi mesi per il contatto con Virginia Raggi. L’attuale sindaco di Roma aveva provato a convincere Guariniello a entrare nel suo staff con un ruolo importante. «Mi aveva chiesto di fare il Capo di Gabinetto, ma io non ne sono capace», ha rivelato, «Le dissi che ci avrei pensato qualche giorno ma poi le ho risposto di non essere capace a svolgere quel ruolo. La competenza è fondamentale».

Ricordi di una lunga carriera
Sono tantissimi i processi e le indagini in cui figura il nome del magistrato alessandrino. Tra i più famosi quello della ThyssenKrupp in cui prese le parti dei parenti delle vittime arrivando a sentenze storiche, quello su Eternit, amianto, e tanti altri. Ma ce n’è uno per cui la maggior parte degli italiani lo ricorda, il processo alla Juventus. Lui che è juventino. «C'era un giocatore molto duro, Montero, che disse al giudice: ‘Non si potrebbe andare in una stanza riservata, noi due?' Si vergognava. E non facciamo l’errore che fanno molti politici che trasformano la prescrizione in assoluzione. E' stata dichiarata la prescrizione ma la cassazione ha dichiarato una cosa molto importante. Che il fatto era un reato però era prescritto».