19 marzo 2024
Aggiornato 08:00
Alzheimer

Alzheimer, ecco il trattamento non farmacologico che restituisce la memoria

Un nuovo passo in avanti nel trattamento dell’Alzheimer: la stimolazione magnetica transcranica migliora la memoria

Stimolazione transcranica
Stimolazione transcranica Foto: Shutterstock

Una scoperta che potrà cambiare la vita di molti malati e dei relativi familiari. Non si tratta della cura ideale, che guarirà miracolosamente centinaia di migliaia di persone, ma di un tassello in più che di certo migliorerà la qualità della vita dei pazienti affetti da gravi forme di demenza, la cui più conosciuta (e temuta) è senz’altro l’Alzheimer. A differenza di quanto si possa pensare, però, il trattamento non è farmacologico – per fortuna - ma, al contrario, prevede l’utilizzo di una tecnologia che sfrutta la corrente elettrica.

Stimolazione cerebrale
Alcuni scienziati sembrano finalmente aver trovato un punto debole della malattia ruba ricordi. È quanto rivela un recente studio appena pubblicato su NeuroImage. Un team di scienziati guidato, da Giacomo Koch della Fondazione Santa Lucia Irccs, ha messo in evidenza come si possano ottenere risultati positivi attraverso la stimolazione magnetica transcranica (Tms). Il metodo si è dimostrato efficace nel contrastare le conseguenze tipiche di tale patologia.

Miglioramento della memoria
Secondo i risultati ottenuti dallo studio italiano, grazie alla stimolazione transcranica si è evidenziato un miglioramento del 20% della memoria in tutti i pazienti affetti da Alzheimer. Si tratta di una tecnica non invasiva che, attraverso delle mini scosse elettriche – totalmente indolori – è in grado di stimolare il tessuto cerebrale. È stata già sperimentata con successo in altri studi precedenti allo scopo di trattare disturbi psichiatrici, depressione, allucinazioni e morbo di Parkinson.

Approvato dalla Food and Drug Administration
Grazie a numerosi studi, questo interessante strumento terapeutico è stato recentemente approvato dalla  Food and Drug Adminsitration per il trattamento della depressione. La TMS è in grado di generare campi magnetici i quali, dopo aver attraversato la scatola cranica, si trasformano in impulsi elettrici. Il risultato di questo meccanismo è molto semplice: si riattivano le connessioni tra sinapsi e neuroni.

Default mode network
Per agire in maniera selettiva sulla memoria, i ricercatori hanno direzionato la TMS in maniera tale da colpire una determinata rete neuronale chiamata Default Mode Network. «È un'area collocata in una posizione centrale e relativamente profonda del cervello altamente connessa con l'ippocampo, altra regione da sempre sotto forte osservazione quando si parla di malattia di Alzheimer e problemi di memoria», spiega ad Adnkronos salute  Marco Bozzali, neurologo dell'Irccs ed esperto di neuroimaging. Tale rete neuronale partecipa anche ad altre funzioni come quella di essere presenti situazioni di vita quotidiana – un fattore apparentemente banale che, tuttavia, si deteriora in maniera progressiva nei pazienti affetti da Alzheimer.

La neuro riabilitazione
Come riportato su Adnkronos, le ricerche in campo medico che riguardano la stimolazione magnetica transcranica sono stati molto soddisfacenti, specie per quanto riguarda la neuro-riabilitazione. «Studi internazionali stanno facendo emergere in modo sempre più chiaro che la stimolazione magnetica transcranica, quando viene applicata in modo continuativo, mostra effetti neuroriabilitativi anche nel trattamento di deficit neuromotori e cognitivi provocati da altre patologie, come l'ictus cerebrale e la sclerosi multipla. È utilizzata pure per il trattamento di disturbi di ansia, schizofrenia e malattia di Parkinson», continua Koch.

Un trattamento promettente
«I nostri risultati – si legge nell’estratto dello studio - mostrano che il TMS ad alta frequenza è un trattamento promettente e non invasivo per la disfunzione della memoria in pazienti nelle prime fasi dell’Alzheimer. Questo miglioramento clinico è accompagnato dalla modulazione della connettività cerebrale, coerentemente con il modello fisiopatologico della disconnessione cerebrale che si verifica nell’Alzheimer».

Un possibile metodo diagnostico
Secondo i ricercatori, la tms potrebbe persino essere sfruttata per ottenere diagnosi più veloci e meno invasive. «Le due metodiche oggi più diffuse per la diagnosi, sono il prelievo del liquido cerebrospinale mediante ricovero e puntura lombare oppure l'esame con Pet. Entrambe servono a rilevare accumuli di beta-amiloide nel nostro sistema nervoso», spiega Alessandro Martorana dell'Università di Tor Vergata. «Inviando impulsi elettrici al cervello non in modo continuativo, ma isolato e puntuale posso fotografare il livello di connettività cerebrale della persona in base a precise informazioni neurofisiologiche, e quindi rilevare scostamenti dalle funzioni cerebrali di un soggetto sano. I vantaggi di questo esame semplice e a basso costo sono tali che quasi mi sorprende che la Tms non si sia per esempio ancora diffusa come metodica standard nei centri demenza», conclude Koch. Ma non è finita qui: i ricercatori hanno ancora un altro (ambizioso) progetto: verificare se la Tms può essere considerata migliore nel trattamento della depressione rispetto ai tradizionali farmaci.

Fonti scientifiche:
[1 ]Transcranial magnetic stimulation of the precuneus enhances memory and neural activity in prodromal Alzheimer's disease – Giacomo Koch, Sonia Bonnìa, Maria Concetta Pellicciaria, Elias P.Casula, Matteo Mancini, Romina Esposito, Viviana Ponzo, Silvia Picazio, Francesco Di Lorenzo, Laura Serra, Caterina Motta, Michele Maiella, Camillo Marra, Mara Cercignani, Alessandro Martorana, Carlo Caltagirone, Marco Bozzali