23 aprile 2024
Aggiornato 11:30
Aztechi

Dopo mezzo milione di anni, gli scienziati scoprono cosa ha ucciso gli Aztechi

Finalmente alcuni scienziati riescono a fare luce sull’epidemia che ha portato alla morte un’intera popolazione. Ecco di cosa si tratta

La febbre tifoide ha ucciso gli Aztechi
La febbre tifoide ha ucciso gli Aztechi Foto: Shutterstock

Li ricordiamo tutti con il nome di Aztechi, ma il loro vero nome sarebbe Mexica. Il termine che conosciamo noi, infatti, è stato coniato diversi secoli dopo la loro morte dal geografo Alexander von Humboldt. Il suo scopo era trovare un termine che potesse distinguere loro dai moderni Messicani. In qualunque modo la si voglia chiamare, questa popolazione visse in modo egregio dal secolo XIV al XVI. Improvvisamente, però, qualcosa cambiò e una malattia denominata cocoliztli causò la morte dell’80% della popolazione. Fino a ieri¸ tuttavia, nessuno scienziato aveva compreso di quale patologia si trattava.

I sintomi
Nei testi antichi di 500 anni fa si legge che gran parte della gente fu uccisa da una malattia devastante, il cui nome era cocoliztli, termine che significa pestilenza. Si tratta di una delle più gravi epidemie della storia, probabilmente solo seconda alla peste nera. Nessuno prima di allora l’aveva però decifrata: oggi sappiamo che tra i sintomi principali ci sono il mal di testa, la febbre molto alta, il sanguinamento degli occhi, del naso e della bocca.

La spiegazione degli scienziati
Secondo un recente studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Nature Ecology and Evolution e coordinato da Ashild Vagene dell'università di Tuebingen in Germania, la patologia degli Aztechi potrebbe finalmente avere una spiegazione. Si tratta di una malattia che tutti noi conosciamo con il nome di febbre tifoide. «La causa di questa epidemia è stata discussa per oltre un secolo dagli storici e ora siamo in grado di fornire prove dirette attraverso l'uso del DNA antico per contribuire a una domanda storica di lunga data», ha dichiarato la ricercatrice.

Lo studio
Per arrivare a simili conclusioni, la dottoressa Vagene ha studiato a lungo il DNA di molti cadaveri, nonché i denti di alcuni scheletri sepolti nel cimitero di Oaxaca in Messico. Da tali analisi si è potuto constatare che vi erano delle tracce del batterio della salmonella enterica sierovariante. Un patogeno che oggi tutti sappiamo causi la febbre tifoide. Nessuno sa da dove arrivi il microorganismo, probabilmente potrebbe essere stato portato in America da colonizzatori spagnoli attraverso dell’acqua contaminata. «Il cocoliztli del 1545-50 è stata una delle tante epidemie che hanno colpito il Messico dopo l'arrivo degli europei, ma in particolare è stata la seconda di tre epidemie che sono state più devastanti e ha portato al maggior numero di perdite umane», ha dichiarato Ashild Vagene.

Nessuna certezza
«Abbiamo eseguito il test per tutti i patogeni batterici e virus del DNA per i quali sono disponibili dati genomici e la salmonella enterica è stata l'unico germe rilevato», ha dichiarato all'AFP il coautore Alexander Herbig dell'Università di Tubinga. «Non possiamo dire con certezza che la salmonella enterica sia stata la causa dell'epidemia - ha spiegato al Guardian Kirsten Bos, co-autore dello studio - Ma crediamo che debba essere considerata un’ottima candidata».