20 aprile 2024
Aggiornato 11:00
Grassi e cancro

Tumore alla prostata: i grassi favoriscono la formazione delle metastasi

I grassi sembrano favorire la proliferazione delle cellule cancerose rendendo il tumore decisamente più aggressivo. I geni coinvolti

Grassi e tumore alla prostata
Grassi e tumore alla prostata Foto: Shutterstock

Dell’impatto negativo della dieta tipica dei fast-food ne abbiamo parlato recentemente in un altro articolo: alcuni ricercatori sono riusciti a evidenziare come una dieta ricca di grassi e zuccheri e povera di fibre sia in grado di portare a livelli elevati di infiammazione cronica. Ora, un ulteriore studio, pubblicato su Nature e Nature Communication ha mostrato come un’alimentazione simile possa giocare un ruolo importante nel favorire la formazione di un cancro aggressivo, specie quello alla prostata. Ecco di cosa si tratta.

C’è tumore e tumore
Oggi la scienza sa che ci sono tumori alla prostata definiti indolenti, ovvero che crescono in maniera molto lenta a tal punto che l’individuo quasi non se ne rende conto. Spesso tali formazioni non incidono con la durata della loro vita. Al contrario, in alcuni soggetti il cancro cresce a dismisura e ricerche precedenti avevano sottolineato l’importante ruolo svolto da un’alimentazione ricca di grassi. Oggi, alcuni ricercatori del Beth Israel Deaconess Medical Center Cancer (DIDMC) di Boston, sembrano aver chiarito alcuni aspetti genetici di tale meccanismo.

Cambio di dieta
Gli scienziati avevano notato da tempo che gli studi sui roditori non producevano risultati entusiasmanti perché i topolini seguono una dieta completamente differente dalla nostra, quindi difficilmente sviluppavano tumori aggressivi quando si parlare di cancro alla prostata. Da ciò gli scienziati hanno dedotto che alla base di tutto poteva esserci un’alimentazione differente. Per eseguire dei test hanno quindi modificato i pasti dei roditori aggiungendo grandi quantità di acidi grassi saturi. In quel momento i ricercatori hanno assistito a un fenomeno sorprendente: per la prima volta sono stati sviluppati tumori metastatici. «Era come se avessimo trovato il cambiamento lipogenico - o di produzione del grasso -  dei tumori», ha spiegato il dottor Pier Paolo Pandolfi, professore di patologia presso la Harvard Medical School.

Un farmaco?
«L'implicazione è, se c'è un interruttore, forse c'è un farmaco con il quale possiamo bloccare questo interruttore e forse possiamo prevenire le metastasi o anche curare il cancro alla prostata metastatico», continua Pandolfi. Il team di ricerca ha quindi provato a somministrare una cura a base di fatostatina ed è riuscito a dimostrare come i tumori si riducevano vistosamente in seguito alla terapia. Questo accade perché il farmaco blocca la produzione di alcuni grassi innescando un processo noto come lipogenesi. La fatostatina è una sostanza scoperta da alcuni anni ed è stata sperimentata nella cura dell’obesità. «Il farmaco per l'obesità ha bloccato la lipogenesi in modo fantastico e i tumori sono regrediti e non si sono metastatizzati».

Mancano prove
Nonostante i risultati ottenuti, i ricercatori ci vanno con i piedi di piombo prima di giungere a conclusioni affrettate: «sebbene sia ampiamente ipotizzato che una dieta occidentale possa promuovere la progressione del cancro alla prostata, mancano prove dirette a sostegno di una forte associazione tra lipidi e cancro alla prostata, ha dichiarato il coautore dello studio, il professor Ming Chen. Probabilmente un aspetto che i ricercatori dovrebbero prendere in considerazione è che aumentare il quantitativo di acidi grassi saturi in esseri viventi che non sono abituati ad aggiungerlo alla propria dieta potrebbe avere un impatto più nocivo, rispetto agli esseri umani che lo consumano da anni. Qualsiasi alimento non previsto in natura da un determinato essere vivente potrebbe anche divenire letale – o quantomeno aumentare l’infiammazione – su un soggetto che potrebbe non essere predisposto geneticamente ad assimilarlo.

Riduzione dei geni oncosoppressori
Si è osservato che i pazienti affetti da tumore non metastatico non presentano la riduzione di un gene oncosoppressore denominato PTEN. Questo avrebbe la funzione di inibire la crescita del tumore. Ciò significa che nel tumore indolente tale gene funziona benissimo o in maniera parziale. Mentre chi sviluppa le metastasi spesso manifesta la perdita totale della funzione del gene PTEN. Secondo gli scienziati, tuttavia, questo non è sufficiente a spiegare l’evoluzione del tumore. Il team di Pandolfi ipotizza che sia coinvolto un altro gene denominato PML. Questo è presente solo nei tumori non metastatici e (quasi) sempre assente in quelli con metastatici. Però nel 20% dei tumori aggressivi mancano addirittura tutti e due i geni. A un’osservazione più dettagliata gli scienziati si sono resi conto che i tumori con metastasi producevano enormi quantità di grassi e il tutto aumentava vistosamente in assenza di entrambi i geni. «I nostri dati forniscono una solida base genetica per i meccanismi alla base della progressione metastatica e abbiamo anche dimostrato in che modo i fattori ambientali possono potenziare questi meccanismi per promuovere la progressione dal carcinoma metastatico primario a quello avanzato», concludono i ricercatori.

Il ruolo della fatostatina
Già ricerche precedenti avevano dimostrato come la fatostatina possedesse proprietà antitumorali, «inclusa l'inibizione della proliferazione, dell'invasione e della migrazione delle cellule tumorali arrestando le cellule tumorali nella fase G2 / M», spiegano gli scienziati del reparto di microbiologia, immunologia e genetica molecolare e farmacologica del Jonsson Comprehensive Cancer Center, dell’UCLA. Tuttavia non è ancora ben chiaro il ruolo che svolge la molecola nella riduzione delle cellule cancerose. «Le proprietà antitumorali possono anche essere attribuite alla sua inibizione della divisione cellulare. Abbiamo analizzato l'effetto degli inibitori dell'attività SREBP tra cui Fatostatina, PF-429242 e Betulina sul ciclo cellulare e abbiamo determinato che solo la Fatostatina possedeva proprietà antimitotiche. La fatostatina ha inibito la polimerizzazione della tubulina, ha arrestato le cellule nella mitosi, e ha innescato una catastrofe mitotica e una ridotta vitalità cellulare. La capacità della Fatostatina di inibire l'attività SREBP e la divisione cellulare potrebbe rivelarsi utile nel trattamento di tipi aggressivi di tumori come i glioblastomi che hanno un elevato metabolismo lipidico e tassi di proliferazione rapida, i quali spesso sviluppano resistenza alle attuali terapie antitumorali».

[1] J Biol Chem. 2016 Aug 12;291(33):17001-8. doi: 10.1074/jbc.C116.737346. Epub 2016 Jul 4. Fatostatin Inhibits Cancer Cell Proliferation by Affecting Mitotic Microtubule Spindle Assembly and Cell Division. Gholkar AA1, Cheung K1, Williams KJ2, Lo YC1, Hamideh SA1, Nnebe C1, Khuu C1, Bensinger SJ3, Torres JZ4.