29 marzo 2024
Aggiornato 09:30
Ricerca scientifica

Al Federico II di Napoli sperimentata per la prima volta una terapia genica per mucopolisaccaridosi di tipo VI

Prima sperimentazione al mondo, a Napoli, per la terapia genica contro la mucopolisaccaridosi di tipo VI, una grave malattia genetica che ha un coinvolgimento multi-sistemico

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Ricerca scientifica Foto: Shutterstock

NAPOLI – Per la prima volta al mondo, una terapia genica è stata somministrata a un paziente con mucopolisaccaridosi di tipo VI. La sperimentazione è avvenuta presso il Dipartimento di Pediatria del Policlinico Federico II di Napoli. Ma cos'è la mucopolisaccaridosi di tipo VI? Si tratta di una grave malattia genetica con coinvolgimento multi-sistemico dovuto al deficit dell'enzima arilsolfatasi B. Il farmaco usato è derivato dal virus adeno-associato e ha la capacità di trasferire il gene codificante per l'enzima arilsolfatasi B che, una volta prodotto dalle cellule del fegato, viene secreto nel circolo ematico e, quindi, captato dai tessuti affetti.

Fornire il gene corretto
«In sintesi – spiega il dott. Nicola Brunetti Pierri, responsabile della sperimentazione – nei pazienti con mucopolisaccaridosi di tipo VI il gene che codifica l'arilsolfatasi B è mutato e produce un enzima non funzionante. L'obiettivo della terapia genica è fornire al paziente il gene corretto per ripristinare la funzione dell'enzima. In questo modo, si evita l'accumulo di sostanze tossiche che determinano danni agli organi. La terapia genica avviene attraverso una singola infusione del farmaco in una vena periferica – prosegue l'esperto – Il farmaco consiste in un virus trattato in laboratorio per eliminarne gli effetti dannosi e conservarne la capacità di trasferire geni. Le cellule del fegato che ricevono il gene codificante per l'enzima diventano una fabbrica per la produzione e secrezione dell'enzima che viene poi captato dagli altri organi».

Benefici rilevanti
Gli studi condotti dal prof. Alberto Auricchio, responsabile del programma di terapia genica dell'Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Pozzuoli (TIGEM), e professore di Genetica Medica presso l'Università Federico II di Napoli, hanno dimostrato in modelli pre-clinici che l'enzima arilsolfatasi B viene espressa per molti anni dopo una singola somministrazione, portando a benefici clinicamente rilevanti. Il team medico che segue la sperimentazione clinica del farmaco è composto, inoltre, dai pediatri Roberto della Casa, Simona Fecarotta e Giancarlo Parenti con il supporto degli anestesisti, Maria Vargas e Giuseppe Servillo e del personale infermieristico. Lo studio clinico prevede, inoltre, l'arruolamento di altri pazienti provenienti da altri centri italiani, da un centro olandese e da un centro in Turchia: tutti i pazienti riceveranno il farmaco presso il Dipartimento ad Attività Integrata di Pediatria (DAI) dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II.