25 aprile 2024
Aggiornato 20:00
Ictus e riabilitazione

XIII giornata mondiale contro l’ictus: 1 milione di persone con conseguenze invalidanti. La riabilitazione

In Italia un milione di persone convive con le conseguenze invalidanti di un ictus, e 50mila persone perdono ogni anno l’autonomia a causa della patologia. Poche regioni però hanno protocolli di riabilitazione. Ecco invece cosa si può fare

ROMA – L’ictus colpisce duro, e colpisce sempre più: soltanto in Italia ben 1 milione di persone convive con le conseguenze invalidanti (e spesso devastanti) di un ictus. E sono almeno 50mila coloro che perdono ogni anno l’autonomia a causa della patologia. Eppure, solo 6 Regioni in Italia presentano Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali aggiornati e attivi per la riabilitazione di pazienti post-ictus. Sono Valle d’Aosta, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia-Romagna e Marche. Nelle restanti Regioni la documentazione che regola questo ambito di erogazione delle cure sanitarie non è aggiornata, è dichiarata non operativa o non è del tutto pervenuta. È questa in sintesi la mappa del nostro Paese che emerge dalla prima fase dello Studio ‘La Riabilitazione post-ictus in Italia’ realizzato dall’Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale (A.L.I.Ce. Italia Onlus). Lo Studio è stato presentato al Convegno ‘Dopo l’ictus cerebrale: percorsi di neuroriabilitazione in Italia tra competenze e passione’, organizzato da A.L.I.Ce. Italia Onlus e Fondazione Santa Lucia IRCCS nell’ambito delle iniziative per la XIII Giornata Mondiale contro L’Ictus che si celebra domenica 29 ottobre.

Fare il punto sulla patologia
L’incontro è stata un’occasione per fare il punto sulla patologia che rappresenta la prima causa di disabilità nell’adulto e può determinare la più ampia gamma di deficit funzionali, che richiedono risposte riabilitative diverse in relazione alla gravità del danno cerebrale subito, si legge nella nota A.L.I.Ce. Italia Onlus. Non solo paresi degli arti superiori e inferiori, ma anche gravi problemi neurologici e cognitivi che compromettono l’autonomia della persona. Il 60% dei pazienti presenta problemi visivi. Quasi la metà difficoltà di deglutizione e respirazione. Un paziente su tre soffre di disturbi del linguaggio e depressione.

Costi enormi
I costi collettivi dell’ictus sono valutati nello Studio in 3,7 miliardi di euro, il 4% della Spesa Sanitaria Nazionale. Un terzo è rappresentato dalle spese di trattamento nella fase acuta. Gli altri due terzi sono costi generati dalla disabilità. Ci sono poi gli oneri che cadono sulle spalle delle famiglie. Secondo lo Studio di A.L.I.Ce. le spese famigliari aumentano del 585 a causa della malattia. Il 69% dei pazienti di età compresa tra i 25 e i 59 anni deve abbandonare il lavoro a causa della malattia. «È fondamentale che in Italia si arrivi ad avere un protocollo uniforme da seguire per la riabilitazione di pazienti post-ictus – sottolinea Nicoletta Reale, Presidente di A.L.I.Ce. Italia Onlus – La riabilitazione deve iniziare fin dalla fase di ricovero per poi proseguire in modo continuativo, senza interruzioni e senza rigide limitazioni temporali, in strutture idonee e nei distretti sanitari territoriali».

I progressi di trattamento nella fase acuta
I progressi ottenuti nel trattamento della fase acuta della patologia non fanno che accrescere l’importanza di affrontare gli aspetti di riabilitazione post-icuts. Secondo il Global Burden of Disease (GBD), il più grande Studio epidemiologico dedicato dal 1990 a oggi al monitoraggio dei tassi di mortalità e di diffusione (morbilità) delle principali patologie in tutto il mondo, i decessi causati da ictus si sono infatti ridotti negli ultimi 20 anni in tutti i Paesi dell’Unione Europea. In Italia, in particolare, il tasso di mortalità è sceso di oltre il 30%. Gli esperti ascrivono questo risultato ai progressi della medicina di urgenza, all’affermarsi di migliori stili di vita e al diffondersi della cultura della prevenzione.

Quando si perde l’autonomia
Dei 200mila casi di ictus che si verificano ogni anno in Italia, nell’80% il paziente sopravvive, ma oltre 50mila pazienti perdono l’autonomia secondo lo Studio di A.L.I.Ce. Un dato che trova conferma nelle stime della Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (SIRN), secondo cui «ogni anno in Italia circa 42.300 pazienti presentano alla dimissione dal reparto acuti esiti gravissimi di ictus per i quali è necessario un tempestivo ricovero in strutture di alta specialità adeguatamente attrezzate per la neuroriabilitazione».
Più sopravvissuti quindi con più bisogni di riabilitazione. In Italia il numero di persone che convive con disabilità conseguenti all’ictus sta raggiungendo ormai la soglia del milione (930.000). Ciascun medico di medicina generale assiste 4-7 pazienti colpiti dalla malattia e 20 sopravvissuti con disabilità. «Negli ultimi dieci anni il grado di autonomia dei nostri pazienti al momento del ricovero si è dimezzato – osserva il Dottor Antonino Salvia, Direttore Sanitario della Fondazione Santa Lucia IRCCS – Assistiamo quindi pazienti sempre più gravi che richiedono percorsi di neuroriabilitazione intensi e multidisciplinari. Un terzo di tutti i casi di ictus in Italia presenta deficit neurologici e cognitivi rilevanti che richiedono un’assistenza in strutture di neuroriabilitazione di alta specialità, dotate di tutti i requisiti strutturali e di personale previsti dalla legge. Solo così è possibile affrontare in modo efficace tale complessità».

Una grande complessità
La complessità è da una parte determinata dalla natura stessa del danno cerebrale e inoltre dalla diversità di deficit funzionali che l’ictus grave può provocare. Una diversità che spesso richiede per lo stesso paziente un approccio multidisciplinare teso a recuperare non solo il movimento, ma anche comprensione e uso del linguaggio, il controllo di funzioni vitali come la respirazione e la deglutizione e altre facoltà complesse, come l’attenzione, la memoria, la capacità di organizzare e svolgere azioni, fondamentali per restituire alla persona una vita autonoma. «Senza una risposta adeguata a questi bisogni di neuroriabilitazione – prosegue il Dott. Antonino Salvia – i costi sociali dell’ictus finiscono per traferirsi dall’obiettivo di restituire autonomia alla persona alla gestione della sua invalidità permanente».
La stessa Italian Stroke Organisation (ISO) nelle Linee Guida di prevenzione e trattamento dell’ictus cerebrale, per i casi di ictus grave raccomanda fortemente che il trattamento riabilitativo inizi fin dalla fase acuta dell’ictus e che il Progetto Riabilitativo Individuale sia realizzato in strutture specializzate da parte di un team interdisciplinare con esperienza specifica, che applichi programmi riabilitativi e assistenziali in accordo con obiettivi definiti.

Se la riabilitazione è carente
Nonostante le evidenze scientifiche e le linee guida nazionali e internazionali stabiliscano l’applicazione della riabilitazione in modo appropriato e omogeneo per tutti i pazienti colpiti da ictus su tutto il territorio nazionale, «questa prima fase dello Studio dimostra che nel nostro Paese non sempre la riabilitazione viene avviata tempestivamente – dichiara il Professor Domenico Inzitari, Ordinario di Neurologia dell’Università degli Studi di Firenze e Presidente del Comitato Tecnico Scientifico di A.L.I.Ce. Italia Onlus – Inoltre, troppo spesso non viene portata avanti con la sistematicità, la continuità e la durata necessarie. Ogni paziente deve uscire dalla fase acuta con un piano riabilitativo individuale da sviluppare nelle varie fasi e nei vari contesti organizzativo-sanitari, dalla fase intensiva ospedaliera, a quella estensiva territoriale fino alla domiciliare».
Terminata la prima fase dello Studio A.L.I.Ce, dedicata alla raccolta sistematica e all’analisi comparativa di tutti i documenti istituzionali che regolano i percorsi di riabilitazione post-ictus nelle diverse Regioni italiane, ora il lavoro si estende ai professionisti medico-sanitari, ai pazienti e ai loro famigliari, con l’obiettivo di valutare la reale implementazione delle procedure di cura e il grado di soddisfazione dei cittadini. La realizzazione di questa seconda fase è stata tra gli argomenti della Tavola Rotonda che ha visto oggi coinvolti, a margine del Convegno, le principali società scientifiche e professionali del settore e alcuni centri di cura e di