19 aprile 2024
Aggiornato 18:30
Ripristinato lo stato minimo di coscienza

Risvegliato dopo 15 anni di stato vegetativo un uomo prova emozione e piange

Un uomo di 35 anni riprende lo stato minimo di coscienza, dopo quindici anni di stato vegetativo, grazie a una tecnica di stimolazione del nervo vago sperimentata dai ricercatori dell’Istituto di Scienze Cognitive di Lione guidati dalla dott.ssa Angela Sirigo

Ripristinata la coscienza minima in un uomo in stato vegetativo
Ripristinata la coscienza minima in un uomo in stato vegetativo Foto: Shutterstock

FRANCIA – Ripristinare lo stato minimo di coscienza dopo 15 anni di stato vegetativo. Questa l’impresa, ritenuta quasi impossibile, compiuta dall’equipe medica dell’Istituto di Scienze Cognitive Marc Jeannerod di Bron (Lione), in Francia. Gli scienziati, guidati dalla dott.ssa Angela Sirigu sono riusciti nell’intento con un uomo di 35 anni che era stato vittima di un incidente stradale nel 2001 e aveva riportato gravi danni al cervello. Grazie alla stimolazione del nervo vago per un mese, l’uomo, che versava in quello stato di coma considerato irreversibile, ha raggiunto quello che viene definito lo stato minimo di coscienza. Un risultato eccezionale, dato che il paziente ha risposto con movimenti oculari, reazione agli stimoli esterni. Si è registrato anche cambiamento dell’attività cerebrale con la straordinaria formazione a vari livelli di nuove connessioni neurali.

Un caso difficile
La tecnica utilizzata è stata spiegata sulla rivista scientifica Current Biology, su cui è stato pubblicato lo studio, e rivela come sia possibile intervenire anche dopo 10 anni di stato vegetativo, quando si sono ormai perse le speranze che il paziente possa risvegliarsi. «Abbiamo scelto un paziente in stato vegetativo da 15 anni che non aveva dato alcun segno di cambiamento dopo l’incidente d’auto – ha spiegato Sirigu – Insomma abbiamo scelto una situazione veramente difficile in modo da essere certi che qualunque cambiamento nel paziente dopo la stimolazione nervosa non potesse essere effetto del caso. Siamo stati molto felici quando l’abbiamo visto reagire – prosegue la ricercatrice – Questo paziente è come un nostro figlio. Siamo molto legati a lui. Rimarrà sempre nei nostri cuori, perché è il nostro primo paziente».

Occhi nel vuoto
Prima di intervenire sull’uomo, raccontano gli scienziati, hanno osservato come lo stato vegetativo lo rendesse come ‘morto’. I suoi occhi erano chiusi per la quasi totalità del giorno, spiega Sirigu, e se si aprivano fissavano il vuoto, come spenti. Si aveva la netta sensazione che non ti stesse guardando. Tutto questo però è cambiato quando i ricercatori hanno iniziato a stimolare il nervo vago con una specie di pacemaker impiantato nel torace. Questo nervo presiede parecchie funzioni essenziali, tra cui proprio lo stato di veglia e di allerta, oltre che modulare il sistema nervoso parasimpatico, che controlla la frequenza cardiaca e la funzione polmonare.
La tecnica utilizzata non è in realtà nuova ma già in uso clinico per il trattamento di altre patologie, tra cui l’epilessia. Una volta iniziata la stimolazione, l’uomo ha da subito iniziato ad aprire più spesso gli occhi. Circa un mese dopo l’inizio della stimolazione, i suoi miglioramenti comportamentali hanno cominciato a stabilizzarsi. «I suoi occhi si muovevano come se avesse voluto seguirmi», racconta Sirigu. Poi ha iniziato a rispondere alle istruzioni per spostare lo sguardo da un lato del letto all’altro. Quando un medico gli ha chiesto di sorridere, avrebbe reagito sollevando la guancia sinistra.

La musica preferita lo ha commosso
L’uomo, poi, è stato protagonista di una reazione emotiva particolare. Quando i ricercatori gli hanno fatto ascoltare una canzone della cantante francese Jean-Jacques Goldman – la sua musica preferita – l’uomo aveva le lacrime agli occhi. Questo fatto, commenta Sirigu, si può spiegare perché stimolando il nervo vago si ottiene un’attivazione del sistema neuroendocrino, e dunque le lacrime. Tuttavia è accaduto nello stesso momento in cui ha ascoltato la sua musica preferita, precisa Sirigu: «Cosa possiamo dire? Possiamo concludere che c’è stata una reazione emotiva».

Una decisione coraggiosa
Dopo la stimolazione del nervo vago, racconta la madre del paziente, lui è rimasto sveglio per diverso tempo. i suoi occhi seguivano quanto avveniva intorno a lui, spalancandosi quando qualcuno si avvicinava troppo, ‘invadendo’ il suo spazio personale o per osservare un libro che il suo terapeuta gli stava leggendo. «Sono molto grata a questo paziente e grata alla famiglia, alla madre – aggiunge Sirigu – Non era facile eseguire un intervento chirurgico senza sapere quale sarebbe stato il risultato. Era una decisione molto coraggiosa da prendere per la famiglia».

Il nervo vago
Il nervo vago o vagus, come detto, presiede a molte funzioni. Oltre a quelle già accennate, il nervo si connette direttamente o indirettamente a diverse aree del cervello, tra cui il talamo, l’amigdala, che regola le emozioni, e l’ippocampo, che è coinvolto nella memoria e i ricordi. Il nervo vago stimola anche il locus coeruleus, che è la regione del cervello che controlla il rilascio di sostanze chimiche cerebrali coinvolte nell’emotività e nella vigilanza. Per questo gli scienziati francesi hanno stimolato questo nervo, perché in questo modo si sarebbero potute stimolare le attività nelle regioni del cervello che potevano aiutare l’uomo a riconquistare la coscienza. «Credo che sia proprio quello che è accaduto», ha concluso la dott.ssa Sirigu.

La stimolazione del nervo vago
La tecnica di stimolazione del nervo vago per mezzo di elettrodi molto sottili intorno a esso, prevedeva una prima fase di osservazione durata un mese di seguito per monitorare le condizioni del paziente. Poi l’uomo è stato oggetto della stimolazione continuata per 6 mesi. Ogni trattamento prevedeva 30 secondi di stimolazione seguito da 5 minuti di riposo. Il team ha iniziato con una corrente elettrica di 0,25 milliamperes, aumentando di 0,25 mA alla settimana fino a 1,5 mA. Durante questa fase i ricercatori hanno regolarmente controllato i cambiamenti nel comportamento dell’uomo. In contemporanea, il team ha registrato i segnali cerebrali per mezzo dell’EEG (elettroencefalogramma) sia prima che la stimolazione iniziasse che in diversi tempi durante il processo. Il cervello del paziente è stato anche esaminato per mezzo della tomografia a emissione positronica subito dopo che gli elettrodi erano stati impiantati e poi 6 mesi più tardi.
Al termine di questa fase, secondo i punteggi della ‘Scala del recupero del coma’ il paziente poteva essere definito aver raggiunto uno stato di minimo coscienza, dove una persona ha una coscienza parziale. Nonostante non ci siano speranze che l’uomo possa riprendere a parlare o camminare, per via dei gravi danni subiti al cervello con l’incidente stradale, i ricercatori continueranno a seguire i suoi progressi nel riprendere coscienza. La dott.ssa Sirigu si dice fiduciosa che la loro tecnica potrà funzionare anche sugli altri pazienti in uno stato simile. Per questo l’equipe da lei guidata sta studiando più pazienti per vedere se questi risultati possono essere replicati.