19 aprile 2024
Aggiornato 18:00
Psoriasi e veleno delle formiche

Psoriasi, una cura arriva dal veleno delle formiche di fuoco

Un antico rimedio che utilizza il veleno delle formiche guerriere o di fuoco pare possa essere una cura per i problemi cutanei come la psoriasi, ma non solo. La riscoperta da parte degli scienziati

Formica di fuoco, dal veleno una cura per la psoriasi
Formica di fuoco, dal veleno una cura per la psoriasi Foto: Shutterstock

STATI UNITI – Il veleno delle formiche di fuoco o formiche guerriere (Solenopsis invicta) è da sempre utilizzato nella medicina popolare per il trattamento dei problemi della pelle. Oggi gli scienziati delle università di Emory e Case Western lo hanno riscoperto, conducendo con uno studio che mostra come queste tossine possano essere una potenziale cura della psoriasi.
I ricercatori hanno testato gli effetti delle solenopsine, che sono i principali componenti tossici del veleno che assomigliano chimicamente alle ceramidi, le molecole lipidiche necessarie per mantenere la funzione barriera della pelle. I promettenti risultati sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports del gruppo Nature.

La psoriasi e la scoperta
La psoriasi è una malattia cutanea autoimmune. Allo stato attuale viene trattata farmacologicamente, il più delle volte per mezzo di steroidi a livello topico. Tuttavia questi farmaci non sono esenti da effetti collaterali anche pesanti, specie proprio a livello della cute. In più è possibile sviluppare una dipendenza.

Lo studio e i risultati sulla psoriasi
Per questo studio i ricercatori si sono avvalsi di un gruppo di topo con psoriasi. Su di questi è stato testato l’effetto di un composto a base di solenopsina (o solenopsin), che è la principale componente tossica del veleno delle formiche di fuoco. Dopo il trattamento, i ricercatori hanno osservato come il composto avesse ridotto sia l’infiammazione che lo spessore della pelle intaccata dalla psoriasi del 30% rispetto al gruppo di controllo trattato con un placebo. «Crediamo che gli analoghi di solenopsina contribuiscano al completo restauro della funzione barriera nella pelle – ha dichiarato in un comunicato stampa il dottor Jack Arbiser, professore di dermatologia presso la scuola di medicina della Emory University – Gli emollienti possono lenire la pelle nella psoriasi, ma non sono sufficienti per ripristinare la barriera della cute».
Al fine di valutare gli effetti del veleno, i ricercatori hanno creato due analoghi di solenopsina che somigliano alle ceramidi ma non possono degradarsi in S1P, o sfingosina-1-fosfato, che possono trasformare le ceramidi in una molecola infiammatoria.

Meno cellule immunitarie che peggiorano la psoriasi
Oltre ad aver constatato un miglioramento delle condizioni della pelle, i ricercatori hanno scoperto che i topi trattati con gli analoghi della solenopsina avevano anche il 50% di meno di cellule immunitarie che infiltrano la pelle. In più, quando il composto veniva applicato alle cellule immunitarie in coltura è diminuita la produzione di cellule del segnale infiammatorio IL-22 e una maggiore produzione di antinfiammatori IL-12. Lo studio ha infine mostrato che gli analoghi della solenopsina hanno spento i geni che invece sono attivati ​​dai trattamenti attuali. «Questo può essere un meccanismo compensativo e di resistenza alla terapia anti psoriasi, e suggerisce che i composti di solenopsina potrebbero essere usati in combinazione con gli attuali approcci», ha concluso Arbiser.